Un giro incredibile di consulenze, nomine e soldi, con presunti favori ed episodi di corruzione. Ci sono 20 indagati e 80 ipotesi di reato. Con questo bilancio la Procura della Repubblica di Caltanissetta chiude la prima parte del caso Saguto e invia quindi l’avviso di conclusione delle indagini all’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo e alle altre diciannove persone finite sotto accusa per la mala gestione dei beni sequestrati alla mafia.
I nomi di tutti gli indagati: Silvana Saguto, Lorenzo Caramma, Gaetano Cappellano Seminara, Carmelo Provenznao, Roberto Nicola Santangelo, Tommaso Virga, Walter Virga, Emanuele Caramma, Vittorio Pietro Saguto, Roberto Di Maria, Maria Ingrao, Calogera Manta, Rosolino Nasca, Luca Nivarra, Francesca Cannizzo, Fabio Licata, Lorenzo Chiaramonte, Aulo Gigante, Antonino Ticali, Elio Grimaldi.

Nel provvedimento si legge che Virga, esponente di spicco della stessa corrente di Saguto e componente del Csm, “chiedeva alla collega o si limitava a manifestare interesse affinché il figlio Walter fosse nominato amministratore giudiziario”. Così avvenne, racconta LiveSicilia, per i sequestri Rappa e Bagagli, nonostante l’ex presidente lo considerasse “un ragazzino da niente”. La nomina “era volta all’esclusivo scopo di compiacere Tommaso Virga – si legge nel provvedimento – da cui essa si attendeva autorevole sostegno presso il ministero della Giustizia, il Csm, l’Associazione nazionale magistrati e la stampa”.
L’ipotesi di associazione per delinquere
Alla Saguto, al marito e a Cappellano Seminara viene contestato il reato di associazione per delinquere. “Il patto – scrive LiveSicilia – avrebbe previsto che Saguto scegliesse l’amministratore giudiziario ottenendo in cambio la nomina del marito come consulente. Caramma avrebbe così incassato parcelle “gonfiate” oppure per prestazioni mai svolte. Un meccanismo che avrebbe contribuito a fare di Cappellano Seminara il recordman di incarichi. Nell’accordo illecito sarebbero rientrate le nomine nelle procedure “Salvatore Sbeglia, Francesco Paolo Sbeglia, Bordonaro, Maranzano, Spadaro, Abbate, Ponte”, e un serie di liquidazioni in favore di Cappellano Seminara, fra cui quella da cinque milioni di euro per la gestione del patrimonio dei “Fratelli Sansone” e i 484 mila euro per la clinica Villa Santa Teresa sequestrata a Michele Aiello. Lunga la lista delle consulenze per centinaia di migliaia di euro pagate da Cappellano Seminara a Caramma che riguardano sequestri disposti da altri Tribunali siciliani. Perché Cappellano aveva incarichi in tutta l’Isola: Calcestruzzi (Caltanissetta), Ignazio Agrò (Agrigento), Diego Agrò (Agrigento), Allegro (Caltanissetta), Tarantolo (Trapani), Amoddeo (Palermo), Padovani (Caltanissetta)”.
Soldi in contanti
Cappellano Seminara – scrive Riccardo Lo Verso su LiveSicilia – avrebbe consegnato al giudice “almeno 20 mila euro il 30 giugno 2015 e 26.500 euro fra novembre 2014 e febbraio 2015”. Ad un certo punto, però, forse perché aveva intuito che la situazione le stesse sfuggendo di mano, l’ex presidente Saguto avrebbe deciso di sganciarsi da Cappellano Seminara per puntare su altri amministratori giudiziari. Ed ecco che i pm contestano la nascita di una nuova associazione a delinquere di cui avrebbero fatto parte il marito del giudice Lorenzo Caramma, Carmelo Provenzano (che nominava nelle sue amministrazioni giudiziarie la moglie Maria Ingrao e una sfilza di parenti) e Roberto Nicola Santangelo (anche lui amministratore). Avevano in mente “un piano più grosso, cioè un progetto professionale, politico”. Il piano passava attraverso il licenziamento di alcuni dipendenti delle società per piazzare loro amici. E così a Santangelo e Provenzano fu assegnata la gestione dei sequestri Acanto, Virga, Ingrassia, Vetrano e Raspanti. La Saguto in cambio avrebbe piazzato alcune assunzioni su richiesta, ricevuto cassette di frutta e verdura, ottenuto una corsia preferenziale per il figlio che doveva laurearsi alla Kore di Enna. Il professore Roberto Di Maria, preside della facoltà di Giurisprudenza e relatore della tesi di Emanuele Caramma in Diritto costituzionale, lo avrebbe aiutato per “la fine di un percorso”. E anche lui sarebbe stato ripagato con una consulenza da mille euro. Santangelo e Provenzano avrebbero scambiato le amministrazioni giudiziarie come un ufficio di collocamento personale per parenti e amici.
Il coinvolgimento di un colonnello della D.I.A.
Rosolino Nasca, colonnello della D.I.A. fino all’anno scorso in servizio a Palermo e poi trasferito, avrebbe controllato un altro amministratore giudiziario, Giuseppe Rizzo, tramite il quale contava di sistemare il marito della Saguto (“Tranquilla ti dico io come fare… non comparirà da nessuna parte. Come? Viene assunto da una terza persona”), la fidanzata del figlio (“Vabbè tanto poi la sistemiamo ancora meglio, non ti preoccupare”).
Indagata anche l’ex prefetto di Palermo
Francesca Cannizzo è indagata per concussione in concorso con la Saguto che avrebbe sfruttato il suo ruolo di presidente per imporre all’amministratore Alessandro Scimeca l’assunzione del figlio di un amico della Cannizzo, Richard Scammacca, all’Abbazia Sant’Anastasia sequestrata a Francesco Lena.
