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Autobomba ad Aleppo, la disperazione del fotografo eroe: in ginocchio dopo l’attacco suicida | FOTO

in cronaca/Esteri di

È a terra, in lacrime, con la macchina fotografica in mano. Una fotocamera che doveva documentare l’arrivo ad Aleppo di civili in fuga da Foua e Kefraya, due villaggi siriani controllati da ribelli islamisti e gruppi terroristi. Abd Alkader Habak, nel giorno dell’attacco suicida che ha causato la morte di almeno 126 persone, si è ritrovato invece a salvare vite. Poco dopo l’esplosione, con altri colleghi presenti sul posto, ha messo da parte la fotocamera e ha provato a trascinare via dalle fiamme bambini e adulti. Il suo coraggio e il suo dolore, testimoniati dagli scatti di altre persone presenti sul posto, sono diventati immediatamente un simbolo della strage di Rashideen del 14 aprile, condivisi migliaia di volte su Twitter e Facebook. Nello scatto originale, accanto ad Abd Alkader Habak, c’è il corpo di un bambino ucciso dalla bomba (che abbiamo deciso di non mostrare). Sul suo profilo Twitter il fotografo, dopo l’attentato, ha scritto: “Quello che io e i miei colleghi abbiamo fatto dovrebbe ispirare l’umanità e tutti coloro che hanno contribuito a uccidere i bambini di Khan Sheikhan”.

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