Video-intervista a Cutrò: “Ho vinto contro la mafia, ma ho perso con lo stato”

Dalle perizie emerge un nesso tra le sue denunce e la chiusura della sua azienda nel 2015. Ma queste carte dove erano finite? Parliamo dei documenti che riguardano l’azienda di Ignazio Cutrò testimone di giustizia, e presidente dell’omonima associazione.  Oggi vive l’ennesima sconfitta per una burocrazia dello stato che porta a scoraggiare chi denuncia. Dopo 5 anni emergono fuori delle perizie del Viminale che avrebbero potuto salvare la sua azienda.

 

Decidiamo di incontrarlo per dargli voce, lui che arriva con la sua scorta, lui che ha deciso di rimanere in Sicilia sotto scorta e che qualche giorno ha minacciato di togliersi la vita: <<Non posso credere che la mafia possa vincere contro lo stato, quello stato cui io ho affidato tutto>>, le sue parole sono crude le ha raccolte per noi Giuseppe Terzo.

Aveva una grossa azienda Ignazio, con fatturati importanti. Nel 2011 grazie alle sue testimonianze fa arrestare i fratelli Panepinto, da allora la sua impresa non riceve più commesse, lui e la sua famiglia vengono isolati, e come in un copione più volte visto, Ignazio Cutrò è costretto a chiudere nel gennaio 2015. Era stato proprio il Viminale ha chiedere di effettuare delle perizie per riconoscere che la chiusura della sua azienda è avvenuta come causa delle sue denunce. Sulla vicenda è intervenuto anche l’on. Davide Matiello della commissione nazionale antimafia che all’Ansa ha dichiarato: “Riteniamo che sia giusto che il Ministro dell’Interno si faccia carico della situazione debitoria incolpevole, che rischia di schiacciare Ignazio Cutrò e la sua famiglia, anche le banche facciano la loro parte: è altrettanto giusto chiedere a Unicredit e Banca Sant’Angelo se si rendano conto di cosa stiano facendo. Perché pure le banche dovrebbero mostrare maggiore sensibilità verso questa situazione. A normativa vigente sono purtroppo pochi gli strumenti a disposizione del Viminale per intervenire in una situazione che ha caratteristiche molto particolari sul piano giuridico, forse soltanto quello del contributo straordinario e di questa circostanza il Parlamento deve farsi carico”.