Decidiamo di incontrarlo per dargli voce, lui che arriva con la sua scorta, lui che ha deciso di rimanere in Sicilia sotto scorta e che qualche giorno ha minacciato di togliersi la vita: <<Non posso credere che la mafia possa vincere contro lo stato, quello stato cui io ho affidato tutto>>, le sue parole sono crude le ha raccolte per noi Giuseppe Terzo.
Aveva una grossa azienda Ignazio, con fatturati importanti. Nel 2011 grazie alle sue testimonianze fa arrestare i fratelli Panepinto, da allora la sua impresa non riceve più commesse, lui e la sua famiglia vengono isolati, e come in un copione più volte visto, Ignazio Cutrò è costretto a chiudere nel gennaio 2015. Era stato proprio il Viminale ha chiedere di effettuare delle perizie per riconoscere che la chiusura della sua azienda è avvenuta come causa delle sue denunce. Sulla vicenda è intervenuto anche l’on. Davide Matiello della commissione nazionale antimafia che all’Ansa ha dichiarato: “Riteniamo che sia giusto che il Ministro dell’Interno si faccia carico della situazione debitoria incolpevole, che rischia di schiacciare Ignazio Cutrò e la sua famiglia, anche le banche facciano la loro parte: è altrettanto giusto chiedere a Unicredit e Banca Sant’Angelo se si rendano conto di cosa stiano facendo. Perché pure le banche dovrebbero mostrare maggiore sensibilità verso questa situazione. A normativa vigente sono purtroppo pochi gli strumenti a disposizione del Viminale per intervenire in una situazione che ha caratteristiche molto particolari sul piano giuridico, forse soltanto quello del contributo straordinario e di questa circostanza il Parlamento deve farsi carico”.
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