Pedofilia, quel Monsignore colpevole per il Vaticano e prescritto per l’Italia

I fatti risalgono a quando la vittima aveva 14-15 anni tra il 1989 e il 1990. Sono passati oltre 25 anni dall’epoca dei fatti contestati. A denunciare il prete è  stato un catanese, Teodoro Pulvirenti, che lavora negli Stati Uniti, facendo ascoltare una registrazione audio fatta di nascosto tra lui e don Carlo Chiarenza. Pulvirenti ha tentato diverse volte il suicidio e si è dovuto sottoporre ad anni di psicoterapia. Un’esistenza segnata dalle violenze subite, che ha portato l’uomo ad affrontare a distanza di anni il suo aguzzino, registrando, nel settembre 2011, una conversazione in cui si sente il sacerdote ammettere di aver avuto una relazione sessuale con l’adolescente.

La registrazione choc del prete che ammette gli abusi

Io ti inseguivo, e qui forse è stato l’errore, inseguivo il tuo desiderio di essere voluto bene. E questo lo facevo non ponendomi limiti. Tu forse non ricordi, ma io quasi mai prendevo l’iniziativa: cioé io avvertivo che tu avevi bisogno di essere abbracciato. Ma è stato una volta?”. “Si… un paio di volte”. “Io avevo solo il ricordo di una volta.. così.. non perché ci fosse un piano, né perché io avessi desideri: c’é stato un momento che mi sembrava di compiacerti, mi sembrava addirittura di farti del bene, come se tu avessi bisogno di liberarti, di esprimerti. è stato un modo di dirti che ti volevo bene.

La Congregazione per la Dottrina della Fede ha rigettato il ricorso presentato da Mons. Carlo Chiarenza di Acireale, già condannato in primo grado nel luglio 2013 per abusi sessuali compiuti ai danni di Teo Pulvirenti, assistito dall’associazione antipedofilia La Caramella Buona Onlus.

“Non riesco a crederci – dichiara commosso Teo Pulvirenti da New York, dove lavora – avverto un incredibile senso di liberazione, finalmente, insieme agli amici della Caramella Buona, abbiamo ottenuto non solo giustizia popolare ma anche quella della Chiesa”.

La sentenza della Congregazione per la Dottrina della Fede

Dichiarato colpevole, a Mons. Chiarenza sono state comminate diverse pene canoniche tra le quali l’obbligo di dimora fuori dalla città metropolitana di Catania per tre anni in un luogo concordato tra il Vescovo di Acireale e il Vescovo ospitante, il divieto per tre anni di celebrare in pubblico la Santa Messa, il divieto perpetuo di confessare ed esercitare la direzione spirituale, e di ricevere in futuro incarichi ministeriali che possano comportare contatto con i minori. Oltre a queste misure il prete dovrà risarcire Teodoro Pulvirenti, la vittima all’epoca dei fatti, con la somma di € 50.000,00 nel tempo massimo di 24 mesi dalla data della notifica di questo Decreto. “Qualora Mons. Chiarenza non ottemperasse alle pene suddette – si legge nel dispotivo – gli si impongano altre pene canoniche espiatorie di cui al CIC can 1336, non esclusa, dietro severo ammonimento e de mandatu Congregationis pro Doctrina Fidei, la dimissione dallo stato clericale”.

Per la giustizia italiana il reato è prescritto

Troppi 25 anni. Un arco di tempo ampio che ha spinto la Procura di Catania a chiedere al Gip l’archiviazione per prescrizione del reato. I magistrati nel novembre 2015 scrissero che “le dichiarazioni rese dalle persone offese sono risultate dettagliate e coerenti, circostanziate (e incompatibili con l’invenzione dei fatti narrati)”. Nella richiesta di archiviazione la Procura evidenzia che l’inchiesta è “evidentemente pregiudicata dall’effetto dell’istituto della prescrizione”, ma scrivono  “Il decorso del termine di prescrizione – osservano – non consente di indugiare oltre al riguardo, seppure non possa rimarcarsi la mancata emersione di elementi atti a comprovare la falsità delle accuse”.