Hater e imbecilli, specchio della società
É sociologicamente dimostrato che il web è uno sfogo di molte delle frustrazioni di persone che non hanno capacità dialettiche, o ancor peggio, persone che avendole soffrono un confronto reale, che il faccia a faccia non sanno reggerlo se non da dietro una tastiera del computer o di un qualche dispositivo che li barrichi dietro una trincea protettiva, quel monitor, lo schermo e l’anonimato … li fortificano e li rendono spavaldi. Oh si, coraggiosi e sfacciati, così supponenti che bisogna davvero temerli. E giù risate.
Perdonate la risata che mi provocano ma c’è davvero da dileggiarsi.
Per loro, la necessità di avere una qualche importanza, il bisogno d’attenzione diventano motore di comportamenti compulsivi, li spingono a sfogare tutta la propria inettitudine di cui sono capaci in goliardiche e becere, quanto ignobili, invettive contro chi, al contrario, scrive con un volto, un curriculum e pone firma.
Uno dei dettagli peggiori è l’esser “bimbiminkia in età adulta”.
L’incapacità di cui sono capaci. Inetti imbecilli.
Le dinamiche sono sempre le stesse con ordini di applicazione variabili ed irrazionali: iniziano a provocare, cercano eventuali possibili errori, non danno suggerimenti o suggestioni ma attaccano, incolpano e cercano le motivazioni per farsi forti nell’umiliare chi possono. Quando non dovessero riuscire le prime volte, deboli di capacità, sanno attendere occasioni migliori, perché se non riescono le prime volte montano ulteriormente la frenetica “rabbia frustatica” (parola che invento ma che ne rende il senso – mentre rido – la stupidità di questi atteggiamenti di basso livello). Cercano supporto da vari soggetti ad essi simili che accorrono a suggerire parole di “sfottò” contro l’obbiettivo prescelto e ricambiano i favori alla prima occasione – come componenti di un branco -; in questo sono ammirevoli. Sono per lo più persone che valgono poco, di una pochezza disarmante (se sommi le valenze individuali, spesso non raggiungi lo spessore di un imbecille medio-dotato) e che non contano nella vita delle persone a cui vorrebbero esser care. Nei casi in cui altri commentatori dovessero supportare l’autore di un post, sanno immediatamente supporre che siano gli stessi autori a creare account falsi, che siano a limite amici degli autori o ancor peggio persone che non hanno capito la gravità del fenomeno, perché … “guai a chi cerca un confronto costruttivo”.
Per quanto possa far sorridere e divertire questa è analisi del quotidiano, l’amarezza che ci regala questa realtà è notevole perché estremamente diffusa e spesso questa gente ricopre anche ruoli che spesso portano a problemi molto più concreti di un semplice atto di “hateing digitale”. A volte sono agenti delle forze dell’ordine, a volte politici in carica, ma tra I peggiori e pericolosi… i professori.
Quando anche si dovessero rivedere nella descrizione appena terminata la negherebbero a spada tratta (per primi a se stessi) e rigirerebbero il concetto accusando immediatamente qualcun altro, urlando alla “supponenza” di chi osa scriverne. E l’imbecille, in quanto tale, non può rendersi conto.
Quando capiremo che darsi suggerimenti costruttivi nel rispetto e confrontarsi per migliorarci gli uni con gli altri sono le uniche vie per migliorare il mondo in cui viviamo, forse anche chi continua a comportarsi male, non si sentirà più assecondato dal magro contesto che continuamente gioca al ribasso e la nostra società riprenderà a guardare verso un’evoluzione.