Beni confiscati “inutilizzati”: un danno per la società

Un argomento “scottante” quello dei beni confiscati che ha portato nell’ultimo periodo allo scandalo che ha visto coinvolta l’oramai ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, finita sotto inchiesta con l’accusa di corruzione per induzione e abuso d’ufficio.

IL FENOMENO BENI CONFISCATI

Un argomento “scottante” quello dei beni confiscati che ha portato nell’ultimo periodo allo scandalo che ha visto coinvolta l’oramai ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, Silvana Saguto, finita sotto inchiesta con l’accusa di corruzione per induzione e abuso d’ufficio.
La vicenda di Silvana Saguto è solo l’apice di una situazione che, soprattutto in Sicilia, ha visto la gestione dei beni confiscati essere al centro di numerose polemiche sul riutilizzo per fini sociali di tutti quei beni che appartenevano, in gran parte, alla criminalità organizzata.

Ci sono voluti anni per comprendere che per colpire la Mafia e la criminalità organizzata bisognava concentrarsi sui “beni” e sul flusso di denaro. La mafia di oggi non è più quella della “lupara”, ma è un vero fenomeno sociale e pertanto economico e finanziario. Nella lotta alle mafie diventa pertanto essenziale seguire e colpire i patrimoni frutto dell’attività criminosa per colpire al cuore il sistema mafioso.

BENI CONFISCATI: QUANTI SONO E DOVE

È Confiscati Bene, “un progetto partecipativo per favorire la trasparenza, il riuso e la valorizzazione dei beni confiscati alle mafie, attraverso la raccolta, l’analisi dei dati e il monitoraggio dei beni stessi” che attraverso il suo studio mostra in una mappa tutti i beni confiscati alla criminalità organizzata (aggiornati al dicembre 2015 ndr) per tutti i territori amministrativi italiani secondo i dati ufficiali dell’ANBSC (Agenzia Nazionale dei Beni Sequestrati ndr).

I DATI SUI BENI CONFISCATI IN SICILIA

In Sicilia, regione in Italia con il più alto numero di beni confiscati, quasi il 50% non viene utilizzato. Un dato allarmante rilevato nell’ultima relazione redatta (nel giugno del 2015 ndr) dal settore nono della Presidenza della Regione sull’attività di monitoraggio riguardante la rilevazione delle criticità inerenti l’utilizzazione dei beni confiscati assegnati al patrimonio indisponibile dei 390 comuni siciliani.
Nella fattispecie il dato ufficiale, fermo al 2015, ha visto dei 136 comuni assegnatari utilizzare 762 beni (50,87%) rispetto al dato generale che vede 1498 immobili confiscati. Secondo lo studio della Regione Siciliana, i motivi del mancato utilizzo dei beni è dovuto a varie motivazioni: procedure avviate in corso di definizione (15%); mancanza di risorse finanziarie (13,89%); fabbricati abusivi non sanabili, terreni rocciosi o impervi, mancanza di strade d’accesso, mancanza di servizi (acqua, luce, etc..) (7%); procedure non ancora avviate (4%); bandi pubblici andati deserti (3%); occupazione illegittima (3%); immobili in quota indivisa (1%); procedure giudiziarie pendenti (1%); immobili gravati da ipoteca (0,47%); immobili occupati da terzi con titolo (0,13%).

Si tratta di dati in continuo aggiornamento sui quali non vi è un riscontro preciso di ciò che è il fenomeno in Sicilia. Molti comuni infatti non hanno ancora predisposto un elenco pubblico con l’indicazione dei beni e la geolocalizzazione. Nella sola provincia di Agrigento, ad esempio, 27 sono i comuni affidatari di beni confiscati, per un valore di oltre 10 milioni di euro. Di questi, alcuni appartenevano a presunti esponenti della mafia locale.

BENI NON ASSEGNATI: UN DANNO ECONOMICO

Beni che, al di là dello sforzo dell’ANBSC, la loro mancata assegnazione comporta un danno di non poco conto. La riutilizzazione a fini sociali, e non solo, potrebbe consentire numerosi introiti economici per i comuni assegnatari. Si pensi, ad esempio, all’ammontare delle somme spese in affitto di immobili che, diversamente, potrebbero vedere l’utilizzo di quei beni confiscati che rientrerebbero così nella gestione pubblica. Per non parlare di una “spinta occupazionale” che gli stessi beni potrebbero portare contrastando la grave crisi nel mondo lavorativo. Un esempio su tutti una cooperativa di Naro (Ag) che gestisce beni confiscati e che dà lavoro a ben 5 persone. Un esempio virtuoso di come immobili, terreni e beni di altro genere potrebbero rappresentare un valore se fatti fruttare. Enti no-profit, associazioni e cooperative che, con l’ausilio di mezzi e beni confiscati, porterebbero avanti le proprie attività sociali finalizzate alla realizzazione di progetti a favore della collettività. Un ritorno di immagine se teniamo conto che si tratta di beni che fino a poco tempo fa erano utilizzati, in alcuni casi, per finalità illecite.

BENI ASSEGNATI MA OCCUPATI

Ma la mancata assegnazione dei beni ad Enti pubblici e/o a associazioni, Onlus, Enti no-profit ecc… in alcuni casi è dettata dal fatto che si tratta di beni confiscati già assegnati. Nulla di strano a prima vista, ma recenti inchieste hanno dimostrato come immobili confiscati siano andati a finire a sedicenti associazioni con fini di lucro. Uno scopo espressamente vietato per legge, visto che invece di rendere quel bene utile per fini sociali, serve a favorire associazioni con obiettivi lucrativi. Beni cioè che lo Stato confisca alla mafia e che potrebbero essere, ad esempio, assegnate a famiglie in emergenza.

E che dire invece di quei beni confiscati e che sarebbero dovuti andare a finire ai poliziotti, giornalmente impegnati nella lotta alla mafia? Un caso su tutti ciò che è accaduto a Palermo lo scorso mese di giugno, quando il sindacato Consap protestò contro la mancata assegnazione di quegli alloggi che in alcuni casi erano fatiscenti, e in altri addirittura occupati da abusivi. 40 alloggi assegnati alla Questura di Palermo e la cui assegnazione ha riguardato solo alcuni alloggi. Un paradosso se pensiamo che si tratta di assegnazioni ad apparati dello stesso Stato che dovrebbe tutelare e salvaguardare quei beni.