A giorni dall’esplosione del caso Maniaci, direttore di Telejato oggi indagato per estorsione, proviamo a fare il punto su un caso mediatico dove tanti sono gli aspetti che meritano una riflessione, in modo da dare il giusto peso a immagini e parole che oggi appaiono più funeste di una condanna.
di Silvio Guagenti e Francesco Li Volti
“Perché la storia di Telejato, e di tutti noi ragazzi, non si può cancellare così. Siamo tutti stretti l’uno all’altro, e rimarremo in questo modo, qualunque sia il pensiero di ciascuno, qualunque emozione. Qualunque cosa accada. Uniti. Insieme”.
Queste le parole di Riccardo Orioles, pubblicate insieme ad altre, altrettanto forti, altrettanto battagliere, sul sito isciliani.it. E’ una risposta anticipata all’affermazione vomitata senza nessuna condizione di causa da un giornalista durante la conferenza stampa che Pino Maniaci ha tenuto venerdì con i suoi legali. “Molti giovani non ci credono più”, sparò il veggente di turno. Niente di più irreale. Perché il primo insegnamento che Pino ha donato a molti dei ragazzi che hanno varcato la porta di Contrada Timpanella è che non bisogna mai fermarsi alle apparenze, alle prime panciate. Qualsiasi vicenda, anche quella che appare più chiara può nascondere tratti caratterizzanti che la trasformano. E dietro le parole barocche vomitate a perdizione, dietro gli editoriali stesi come lenzuola di seta durante le feste padronali, c’è chi è riuscito a rimanere in silenzio, con il cuore a pezzi dietro immagini e parole che possono sembrare più funeste di una condanna, del reale peso penale della vicenda. Nessuno si è curato di chi durante la crocifissione mediatica stringeva i polsi ai piedi del calvario, aspettando un segnale, una dichiarazione, una parola, un colpo di coda capace di rendere meno sanguinoso il linciaggio. I ragazzi di Telejato.
Quanto impiega poco l’intestino dell’opinione pubblica ad acidificarsi? A scagliarsi contro una televisione che tanto bene ha fatto alla Sicilia, che per anni ha combattuto il malaffare senza nessuna paura, nessuna titubanza, sempre lontana da quel tipo di antimafia che oggi somiglia sempre di più alla danza Maori, di cui si è perso il significato ma rimane il rito, la messa agnostica della bava che diventa grumo. Telejato è un’altra cosa, e di certo non è Pino Maniaci, non solo. Ma chi non conosce Telejato queste cose non le può capirle. E per carità, ci può stare il non conoscere Telejato, non è mica Emma Watson, ma analizzare in maniera strutturata e diretta quello che è successo in questi giorni può aiutare a comprendere bene la situazione. E può aiutare a captare il motivo per il quale Telejato, che oggi sembra uscire devastata dalla vicenda che coinvolge il suo direttore, non metterà un punto alla sua storia se non per ripartire, in maiuscolo e dalla riga successiva.
Ma andiamo con ordine. La mattina del cinque maggio, Pino Maniaci, non la dimenticherà più: succede che un giornalista di Repubblica, pubblica un articolo con sentenze, fulmini e saette contro il collega di Partinico, senza però informarsi, prima, col diretto interessato. Si legge di un’amante, di estorsione, si legge di cani uccisi e impalati non per mano della mafia, no, li ha ammazzati un cittadino qualunque, secondo lui, che non vede l’ora di intimidire il giornalista simbolo della lotta alle mafie e il malaffare. Come Zeus dava e toglieva la vita, il giornalista può risultare determinante per la credibilità di una persona qualunque, figuriamoci per Pino Maniaci, che anche se non per fatti penalmente discutibili si è dimostrato debole, come qualsiasi uomo può esserlo, preso da una inconcepibile sbornia di onnipotenza che dovrà apertamente spiegare ai suoi ragazzi.Torniamo a noi, la verità sarebbe che Pino, con le sue ernie e dolori fisici, con la sua fragilità e i suoi problemi economici andava dal sindaco di Borgetto a estorcere 370 euro,non 1000, non 10000, 370 euro. Al sindaco di Borgetto, non a un imprenditore, non a un negozio o a un bar, al sindaco di Borgetto, per darli, ovviamente, alla sua amante. Ricordiamo sempre che il signor Maniaci vive in una casa in fitto, con chiazze di umidità sulle pareti, con cinque cani, una moglie che lavora saltuariamente presso una azienda in cui fa le pulizie, e tre figli quasi tutti disoccupati.
Maledetta pubblicità. Si, perchè il direttore di Telejato probabilmente sta maledicendo con veemenza il giorno in cui ha accettato che il negozio della moglie di De Luca, omonimo del più caratteristico presidente campano, comparisse in uno spot all’interno del famigerato canale siciliano.
Ma ora viene il bello. La procura di Palermo è la grande protagonista di questa spesa di carte e avvocati, che trova la grazia completa nell’ affermazione del procuratore capo Francesco Lo Voi:” al telefono chiamava il nucleo operativo dei carabinieri di Partinico, il nucleo aperitivo”. Fermiamoci un attimo a pensare tutti insieme. Cosa c’entra questa frase, che d’altronde il direttore Maniaci dice e ripete tranquillamente in diretta a quasi 500 000 spettatori ogni volta che se ne presenta l’occasione, con l’infamante accusa di estorsione? Perchè violare il segreto probatorio, divulgando immagini e intercettazioni (quasi tutte non inerenti all’inchiesta) a tutte le testate giornalistiche d’Italia, se le accuse di estorsione non sono state nemmeno provate? Il codice di procedura penale parla chiaro: esiste l’obbligo del segreto su tali atti nel momento in cui ledono in modo irrimediabile la reputazione, la riservatezza e la dignità dell’indagato. Eppure abbiamo ascoltato di Maniaci che parla con una donna, designata e mai appurata dal giornalista con il ruolo di amante, che si vanta e si pavoneggia come il miglior stallone italiano può fare. Non lo ha fatto con le centinaia di ragazzi che incontra ogni giorno, con i cittadini di Partinico, o con le Istituzioni; no, lo ha fatto con una donna a cui probabilmente faceva il filo da un po’, donandogli forse, ingenuamente, troppa importanza. Maledetta andropausa.
Abbiamo dovuto assistere anche alla scenata della “mazzetta” intascata dal giornalista, secondo sempre Zeus onnipotente. Molti l’hanno definito la vergogna dei giornalisti, soldi, 370 euro, in cambio di una linea più morbida. Questo significa che la Procura avrebbe visionato le puntate di Telejato Notizie e avrebbe di conseguenza potuto dedurre che Maniaci abbia effettivamente modificato il suo atteggiamento nei confronti dei due sindaci coinvolti. Significa che hanno preso tutte le carte riguardanti i conti in banca, le fatture e le varie spese di Pino Maniaci. No, nulla di tutto ciò è stato fatto. Hanno sfruttato la tastiera di un giornalista per infangare Telejato e Pino Maniaci. Due entità forti ma distinte. L’Antimafia che dovrebbe concentrare le sue forze per porre nelle patrie galere i veri mafiosi, sfrutta la sua potenza per denunciare Pino Maniaci di estorsione della cifra di 366 euro al sindaco di Borgetto, ai fini della pubblicità su Telejato, e di 250 euro dal tintissimo sindaco di Partinico Salvo Lo Biundo. Come mai tanta importanza? Lo Biundo è allo scadere del suo secondo mandato, e tutti in paese sanno che ha in mente di candidarsi alle prossime regionali o comunque di restare in politica. Ma purtroppo è ancora il sindaco di un paese di 30 000 persone, e diciamoci la verità, non è che sia molto noto nella regione siciliana.
Ma come mai Lo Biundo non ha denunciato prima questa terribile estorsione? Eppure pare che era ben lieto di donare quei pochi soldi a un’amica del giornalista baffuto, in gravissime difficoltà. Ma come? Prima tanto onore al gesto e poi si sente minacciato? Vabbè ma Lo Biundo è lo stesso che aveva promesso il dislocamento della distilleria Bertolino entro pochi mesi, eppure è lì che continua a inquinare raggiungendo i picchi massimi d’Europa. Maledette elezioni. Chi è stato almeno due giorni con Pino Maniaci forse non si sarà scandalizzato di quell’atteggiamento aggressivo, di quelle parole violente e inopportune che hanno leso la sensibilità dei molti del popolo del web. Lui è così con tutti, e quando grida contro i suoi ragazzi non è certamente un milord. Da cittadino di un piccolo paese è legato anche lui a tradizioni e modi di dire e di fare di quella terra. E così la sua voce viene scambiata per mafiosa, le sue parole per minacce e i suoi modi dire per manie di onnipotenza. Fumare fa male ma lui accende più di 100 sigarette al giorno e la sua voce, volente o nolente, quella è al telefono. Maledette sigarette.
Abbiamo anche letto tutti le dure affermazioni delle due Procure, quella di Palermo e di Caltanissetta, che con carisma prendono le distanze dalle indagini di Telejato. Peccato che Pino Maniaci, il direttore dell’emittente, sia stato il primo a fiutare lo scandalo sui beni sequestrati che ha portato a processo l’ex Presidente delle misure di prevenzione, Silvana Saguto, e la sua squadra. Era il 2013 e non il 2014, come Lo Voi voleva farci intendere, che Pino Maniaci veniva contattato dalle vittime della Saguto. I più maliziosi potrebbero parlare di caduta di stile da parte della Procura, e quelli ancora più maliziosi potrebbero dire che la vendetta della Procura è stata servita. Ma nessuno vuole essere malizioso. Per mettere un punto sulla vicenda bisognerà ancora aspettare del tempo. Maledetto Pino Maniaci.
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