La Polizia di Stato, nelle scorse, ha tratto in arresto 8 soggetti ritenuti, a vario titolo, responsabili dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsioni, riciclaggio, danneggiamenti, detenzione illegale di armi da fuoco e relativo munizionamento, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina aggravata dall’uso delle armi, tentato omicidio ed altro.
Si tratta di: Capizzi Mauro di Ribera (cl. 68); Grassadonia Diego di Cianciana (cl. 61); Grimaldi Antonino di Cattolica Eraclea (cl. 67); Interrante Santo di Santa Margherita di Belice (cl. 81); La Sala Giacomo di Santa Margherita di Belice (cl.68); Marrella Stefano di Montallegro (cl. 56); Marrella Vincenzo di Montallegro (cl. 55); Tortorici Francesco di Montallegro (cl. 79).
Il blitz antimafia, rappresenta la seconda fase dell’operazione denominata “ICARO” eseguita lo scorso 2 dicembre, anch’essa condotta dalla Squadra Mobile di Palermo, diretta da Rodolfo Ruperti e dalla Squadra Mobile di Agrigento, diretta da Giovanni Minardi.
In quell’occasione, la Polizia di Stato aveva eseguito tredici misure cautelari a carico di altrettanti indagati, ritenuti responsabili, a vario titolo dei reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsioni, riciclaggio, danneggiamenti, detenzione illegale di armi da fuoco e relativo munizionamento, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, rapina aggravata dall’uso delle armi, tentato omicidio ed altro.
L’indagine è stata diretta dalla Procura della Repubblica, Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, dai Pubblici Ministeri Rita Fulantelli, Emanuele Ravaglioli, Claudio Camilleri e Bruno Brucoli, coordinati dal Procuratore Aggiunto Maurizio Scalia.
La Procura Distrettuale aveva chiesto, per i nominati, l’emissione della misura della custodia cautelare in carcere, richiesta che non era stata accolta dal G.I.P. di Palermo.
Avverso tale decisione del G.I.P., la Procura Distrettuale propose appello al Tribunale del Riesame che giudicò fondati gli elementi raccolti dagli organi inquirenti ed applicò ai prefati la misura della custodia cautelare in carcere. I ricorsi per Cassazione proposti dagli indagati sono stati rigettati dalla Suprema Corte che ha confermato i provvedimenti del Tribunale del riesame, avendo evidentemente ritenuto concreto il quadro probatorio che delineava le condotte criminose ascritte ai predetti nelle richieste di misure cautelari e l’organigramma mafioso operante a Santa Margherita di Belice e nei centri di Montevago, Ribera, Cattolica Eraclea, Cianciana, Montallegro, Siculiana, Porto Empedocle, Agrigento, Favara, Campobello di Licata.
Gli arrestati, dopo gli adempimenti di rito, sono stati associati presso la Casa Circondariale di Agrigento, a disposizione della competente Autorità Giudiziaria.
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