Di Francesco Russo
Sembrano passati secoli dalle stragi del ’92 eppure quelle immagini e quei momenti riecheggiano forti nelle menti e negli occhi di ognuno di noi. All’indomani delle stragi lo Stato volle alzare la voce istituendo per la prima volta nella storia Italiana il carcere duro per alcuni dei più pericolosi reclusi fino a quel momento.
Voce che sembrava un eco delle richieste dei giudici Falcone e Borsellino, morti per difendere uno Stato che li aveva abbandonati. Voce che il giorno dopo il loro sacrificio diventò realtà come se fosse servita la vita dei due massimi difensori per capire come isolare i boss dalle proprie organizzazioni criminali. Allora il regime speciale seguiva i dettami di una legge legata al terrorismo (anch’essa in risposta, sempre in ritardo, agli attentati durante gli anni di piombo in cui le Brigate Rosse uccisero l’allora primo ministro Aldo Moro) e poi allargata anche ai boss mafiosi.
Di per se il provvedimento prevede il totale isolamento del detenuto da fattori esterni, che siano persone o cose. Tale provvedimento, seppur possa essere inteso ai limiti del rispetto della tutela dell’umano, viene firmato ed assegnato direttamente dal ministro di giustizia per 4 anni e può essere prorogato ogni 2.
Molte associazioni a tutela del detenuto, la commissione in carica al parlamento italiano e persino quella europea rimproverano fino ad oggi la rigidità del provvedimento chiedendone la revisione. E ciò, detto sinceramente, ci può stare. Ma quando tale richiesta arriva direttamente dal frangente mafioso allora si intravede all’orizzonte quella che viene chiamata “la Trattativa”: confermata in alcune sentenze ma “argomento invisibile ed inesistente” per tutti gli interessati al caso.
Non c’è nessuna intenzione di fare allarmismo ma che la decisione di alleggerire il 41-bis viene annunciata nella stessa città e solamente una settimana dopo la manifestazione di una sessantina di contrari al 41-bis è più di un campanello. Tale annuncio poi stridula con la dichiarazione di voler “sostituire le schede telefoniche con Skype”. Apriti cielo!
Nell’era dei Social è davvero necessario utilizzare Skype per comunicare con i propri parenti?
Si sottolinea che il sottosegretario Migliore ha fin da subito smentito ciò che il giornalista de IlFattoQuotidiano aveva riportato nell’intervista. Niente Skype dunque per i boss ma solamente per i detenuti formalmente “normali”. Ma nello smentire parte dell’intervista lo stesso Migliore ha confermato la volontà di alleggerire la legge figlia di Borsellino. Tale decisione sarebbe velata dal bisogno di tutelare i diritti costituzionali e umani del detenuto a regime speciale: come se chi semina sangue e terrore debba essere eguagliato a chi arriva a fine mese senza un giorno di riposo riuscendo con difficoltà a mantenere la propria famiglia.
Questo Stato che oggi sembra voler difendere più i mafiosi, sembra voler pubblicizzare le carriere e i libri dei figli dei boss, sembra voler innovare le proprie carceri e che dimentica il sovraffollamento delle stesse, le vittime delle stragi e i propri eroi. Dov’è oggi questo Stato che isola i propri magistrati relegandoli ad un quasi 41-bis-bis impedendogli di parlare con i giornalisti senza aspettare un’autorizzazione?
È davvero importante addolcire la permanenza tra 4 mura strette ai mostri di stato o sarebbe preferibile concentrare i propri studi e il proprio tempo in altre faccende?
Sembra di rileggere una nuova pagina della celata Trattativa. Dopo gli attentati degli anni 80 Cossiga firmò la legge anti-terrorismo, dopo le stragi del 92 furono emanati i primi 41-bis fino ad arrivare a più di 1000 per poi essere ridotti al fine di limitare la tensione. Oggi si manifesta contro il 41-bis, ancora siamo in una fase embrionale per ribadire le richieste del “papello”. Ma già chi sta seduto sulle poltrone del potere sembra aver recepito il messaggio. La “Trattativa” è ad una nuova svolta?