“Sergio Giglio mi raccontò che fu lui, con Michele Terranova, a uccidere Michele Rizzotto. A ordinarlo fu Michele Gucciardi (presunto capomafia di Salemi, ndr) perché Rizzotto andava in giro a fare estorsioni”.
Parole che non lasciano scampo. E così che è stato risolto il caso Rizzotto: di lui si persero le tracce la mattina del 1 Settembre 2011 quando uscì di casa per recarsi ad un bar ad un appuntamento con un amico che non lo vide mai arrivare. Rizzotto in passato era stato coinvolto in altri fatti di cronaca: tra le estorsioni più pesanti si ricorda in particolar modo quella ai danni di un macellaio di Santa Ninfa, ma operante a Salemi, all’interno del bar: ridotto in fin di vita da Rizzotto e altri due suoi amici poi scappati giusto in tempo rispetto l’intervento delle forze dell’ordine. Tale fatto sembrava rappresentare fin dai primi momenti la causa della scomparsa di Rizzotto. Sempre nello stesso anno Fathalah Azzouz, al quale sarebbero stati rubati diversi capi di abbigliamento esposti sulla bancarella e custoditi nel furgone, fu preso a calci e pugni e insultato con frasi a sfondo razzista sempre dai tre. La vittima, per nulla disposta a subire, poi raccontò tutto ai carabinieri di Salemi. Fu così che Rizzotto venne arrestato nel mese di Maggio. Qualche mese dopo fu nuovamente arrestato per stalking, maltrattamenti e lesioni personali ai danni dell’ex convivente. Poi la scomparsa.
Le rivelazioni fatte dal neo collaboratore di giustizia Fogazza hanno spianato la strada agli inquirenti che ora proseguiranno l’inchiesta andando alla ricerca del corpo.
“Giglio – ha aggiunto Fogazza – mi disse che insieme a Terranova lo hanno soffocato dentro un panificio e poi hanno gettato il corpo in un pozzo”. Queste le dichiarazioni di Attilio Pietro Fogazza di cui ne erano a conoscenza solo i pm della Dda Carlo Marzella e Gianluca De Leo, che, essendo ancora in corso l’indagine, avevano posto l’omissis su di esse.
Sia Michele Gucciardi che Michele Terranova, anch’egli di Salemi, sono stati coinvolti nell’operazione “Ermes” e lo scorso 2 maggio sono stati condannati, con rito abbreviato, dal gup di Palermo rispettivamente a 17 e a 12 anni di carcere.
Fogazza però non si è fermato a ciò: nel corso del processo in videoconferenza ha anche spiegato come Scimonelli gestisse la comunicazione e il “trasporto dei pizzini” fino a destinazione. Scimonelli, per veicolare i pizzini diretti a Messina Denaro, utilizzasse la figlia di Fogazza, di appena 5 anni.
“Mia figlia – ha dichiarato Fogazza – mi disse che Scimonelli le metteva dei bigliettini nel giubbotto. Lui, poi, mi confermò che, a Castelvetrano, li consegnava a Luca Bellomo e a Guttadauro. Scimonelli diceva a mia figlia: Vieni con me? Ti compro un gelato…”. Abile mossa che lo avrebbe salvato in caso di posto di blocco delle forze dell’ordine durante il tragitto tra Partanna e Castelvetrano: in caso di perquisizione non rischiava di farsi trovare i pizzini addosso.
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