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“Giovanni D’Agati, boss di Villabate doveva essere ucciso”. Parla il pentito Zarcone

La lunga scia di agguati mafiosi doveva essere arricchita con l’uccisione di Giovanni D’Agati, boss storico di Villabate.

 

Secondo le parole del pentito del boss di Bagheria, Antonino Zarcone, oggi collaboratore di giustizia, la decisione era stata presa in un summit di mafia durante una cena a Mondello.  Come riporta un articolo di LiveSicilia a firma del puntuale Riccardo Lo Verso, era il 2011 a sedere attorno a quel tavolo,  secondo le parole di Zarcone, c’era il gotha della mafia: Messicati Vitale, Giulio Caporrimo,  Nicola Milano, Tommaso Di Giovanni, Alessandro D’Ambrogio e Tonino Seranella.

L’oggetto di quella cena era l’eliminazione di Giovanni D’Agati, che stava iniziando a dare fastidio al boss Messicati Vitale, suo acerrimo nemico per il controllo del comune al confine con il capoluogo palermitano.

Lo stesso Messicati Vitale, protagonista di un servizio a cui ho collaborato alle Iene con Giulio Golia dal titolo: “Mafia e pizzo a Bagheria”, (per rivedere il servizio link in fondo)  dopo una lunga latitanza in Indonesia, si trova beatamente agli arresti domiciliari per un cavillo giudiziario. In quella occasione Giulio Golia aveva citofonato nella sua odierna dimora, non poi cosi distante da Villabate, per chiedere al boss cosa pensasse dell’ondata di denunce degli imprenditori di Bagheria contro il racket. Una domanda provocatoria, dato che in tanti sono gli imprenditori che si chiedono se valga la pena denunciare se poi la persona che si fa arrestare si trova a casa, sotto l’aria fresca di un condizionatore.

Servizio Giulio Golia: “Pizzo e mafia a Bagheria”

Secondo Zarcone, Messicati Vitale avrebbe detto: “Me la vedo io direttamente anche se dagli arresti domiciliari, ci acchianamu chi giubbottini… incappucciati tipo che era un controllo di notte, dice appena grapi, dici, si ci spara ddà davanzi… aveva paura che succedeva troppo macello o a meno che, dice, dobbiamo aspettare che iddu se ne vuole andare a Roma, picchì cavi interessi cu so frati a Roma, perché veniva accusato pure che tutti i soldi delle estorsioni, tramite il fratello, li avevano investiti su Roma”.

Quella esecuzione non fu mai eseguita cosi come racconta Zarcone “… fu lasciato tutto in sospeso picchì dici riflettiamo cosa conviene meglio fare, vediamo che intenzione avi stu D’Agati o se si ferma oppure continua a fare ancora u scemo o dopodiché si vede u da fare qual è”.

Redazione

Redazione Moralizzatore

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