Tutto quello che non sapete sul parco Cassarà di Palermo
Antonino Cassarà fu vice questore aggiunto presso la Questura di Palermo, ucciso barbaramente il 6 agosto 1985, insieme all’agente Roberto Antiochia, dai colpi di 7 balordi di mafia appostati in uno stabile di fronte al suo condominio.
La colpa loro fu quella di aver indagato su Cosa Nostra in quell’operazione denominata “Pizza connection”, e, insieme all’altro agente Calogero Zucchetto ucciso nel 1982, quella di aver riconosciuto due killer latitanti che però sfuggirono alla cattura. Insomma, persona, come altre in Sicilia, punite per aver adempiuto al loro dovere.
Nel 2011, la giunta Cammarata, inaugura il parco cittadino posto tra l’Università degli Studi, la via Ernesto Basile, il corso Pisani e la via Altofonte; 28 ettari di terreno che ai tempi del dopoguerra mio padre mi diceva chiamarsi “Chianu ri furnu”, luogo dove da bambino andavo a cacciare lucertole con la fionda, dove pascolavano mucche e pecore, dove c’erano ruderi e dove vedevo spesso camion che entravano tra i sentieri, ricavati tra le macerie, ribaltare i loro rifiuti di ogni genere.
Ecco, il parco, che ebbe il suo fulcro attorno ad una villa settecentesca chiamata “Villa Forni” (ecco la provenienza dell’appellativo locale) divenne prato inglese, boschetto, area giochi per bambini, zona ciclabile, zona per il gioco delle bocce, area riservata ai cani, pista di pattinaggio, anfiteatro che l’amministrazione comunale decise di intitolare proprio al vice questore Ninni Cassarà.
Il Parco fu una gran festa. Giornalmente vi entrarono centinaia e, nei fine settimana, anche migliaia di persone tra famiglie che trovarono lì, un luogo di relax, adolescenti che lo usarono come ritrovo, bambini che giocarono in sicurezza lontano dalle sfreccianti auto, anziani che si fecero le loro lunghe passeggiate ricreative-terapeutiche, atleti professionisti e corridori della domenica che, grondando di sudore, svolsero i loro allenamenti settimanali tentando un’improbabile e subitaneo dimagrimento. Il Parco fu davvero una gran bella festa!
Nel 2012 una prima avvisaglia: venne chiusa e interdetta, con tanto di nastro colorato, una parte in cui si sospettò esserci amianto, ma queste furono solo voci di corridoio, nel senso che ufficialmente non venne detto ai cittadini, anche se tutti già sapevano.
Il 16 aprile del 2014 il Parco, che era costato all’Amministrazione Comunale di Palermo 11 milioni di euro, venne chiuso su ordine della Procura di Palermo e vennero apposti i sigilli dalle Forze dell’Ordine sia dall’ingresso Basile che da quello Pisani con la motivazione, questa volta chiara, che sotto l’erba e la terra di tutta la vasta area, c’erano sostanze inquinanti di ogni tipo, amianto, metalli pesanti, rifiuti industriali e di cantieri edili.
Cosa significa tutto questo? Significa che la chiusura fu preventiva in attesa di responso? Oppure quelle migliaia di utenti bambini, ragazzi, adulti, anziani, in tre anni di vita del parco, hanno davvero respirato e ingoiato le polveri sottili di terra mista ad amianto e metalli pesanti alzate spesso dal vento? Di questo nessuno ci diede mai risposta.
Dodici furono gli indagati tra burocrati e dirigenti comunali con l’accusa di falso, discarica abusiva, omessa bonifica e disastro ambientale che ricevettero l’avviso di garanzia. Dovettero o dovranno tutti rispondere e dare motivazioni sul perché lasciarono la zona nel degrado e non fecero i controlli dovuti per legge.
Dal balcone di casa mia ho assistito (un po’ avvilito) ai carotaggi che hanno portato alla conferma e alla divisione in tre parti del terreno in base al grado di inquinamento: la verde, la gialla e la rossa proprio come i colori dei codici ad un pronto soccorso. Una sola porzione è stata affidata in custodia giudiziaria al Comune di Palermo per la cura delle piante. Sembra che la parte con ingresso da Corso Pisani sia la meno inquinata mentre risulta la più compromessa la parte dell’ingresso Basile. Pare anche che, per espletare le analisi precise sulle sostanze contenute nel terreno, ci vogliano più di seicentomila euro, mentre non si riesce a stabilire con precisione una somma (penso notevole) per una eventuale bonifica.
S ono trascorsi 2 anni e mezzo circa dalla messa dei sigilli e le ultime novità sulla eventuale riapertura risalgono alla ricorrenza per il secondo anno di chiusura. Si parla di apertura parziale della zona verde, che dovrebbe essere quella a valle della Villa Forni che corrisponde al nord cardinale. Per il resto (e per fortuna) vedo ancora l’ingresso di corso Pisani essere ancora presidiato da impiegati comunali o affini e vedo spesso (sempre dal balcone di casa mia) un’auto di un istituto di vigilanza percorrere in lungo e in largo, durante il corso della giornata, i sentieri del parco.
Antonino Cassarà fu un vice questore della Repubblica ucciso dalla mafia, un eroe del nostro tempo, e lui aveva per tutti noi, un sogno: quello di darci un futuro migliore. Vedere quella targa all’ingresso Basile con la scritta “Parco Urbano d’Orleans Ninni Cassarà” con l’erba che ormai la sta per ricoprire e con rifiuti fermi all’angolo dell’inferriata, sa di beffa, sa di tradimento.
La speranza è che, al di là delle responsabilità singole e di inadempienza di gestione, tutti possano ri – godere del parco e, per voltare pagina e andare oltre questa squallida storia, nel suo nome, ridare lo spazio a quei bimbi che aspettano ancora di tornare a giocare.