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Siracusa, il concerto napoletano organizzato dal boss (arrestato)

SIRACUSA Lunedì sera è tornato in carcere, ma un boss agli arresti domiciliari, Concetto Garofalo, due giorni prima ha potuto organizzare con il figlio Sebastiano, già condannato per estorsione, un concerto neomelodico con tante canzoni inneggianti a mafia e rapinatori nel campetto annesso a una parrocchia di Siracusa, quella di Borgo Minniti. Il primo allarme l’ha lanciato venerdì Davide Mattiello, il deputato piemontese del Pd molto impegnato nella Commissione Antimafia: «Alla viglia delle commemorazioni per Carlo Alberto dalla Chiesa, ho provato a bloccare con una telefonata alla prefettura di Siracusa il concerto organizzato dai due boss in un quartiere a rischio per ingraziarsi la benevolenza popolare». Ma, nonostante le rassicurazioni e l’avvio di una indagine della questura di Siracusa che ha monitorato l’evento, il concerto s’è tenuto ugualmente fra gli applausi per i boss e per Daniele De Martino, il giovane rapper palermitano del Borgo Vecchio protagonista di uno scandalo per la canzone dedicata lo scorso inverno a un violento rapinatore soprannominato «O’ spara spara».

Il boss evaso da casa

C’è De Martino al centro della sgrammaticata locandina che annuncia l’evento e che fra gli organizzatori, oltre a Tony Urso, indica il duo famoso per le estorsioni a Siracusa. Appunto, Concetto Garofalo, condannato a 8 anni e 8 mila euro e il figlio Sebastiano, Seby in locandina, condannato a 3 anni e 800 euro. Entrambi per estorsioni ai danni di commercianti, compreso Marco Montoneri, il titolare di un autosalone oggi testimone di giustizia costretto a vivere in località segreta. A differenza del gran capo, Garofalo padre, tornato a casa negli ultimi sei mesi, agli arresti domiciliari da dove è evaso tre volte. Con la magistratura pronta sempre a rimandarlo a casa. Ma, 48 ore dopo il concerto dello scandalo, è diventata operativa una misura decisa dalla Direzione distrettuale antimafia di Catania. E a due giorni dall’evento sono scattate di nuovo le manette, con soddisfazione del questore Mario Caggegi e del capo della Mobile, Rosalba Stramandino, adesso al lavoro per l’inchiesta vera e propria.

Il parroco già arrestato

Sabato sera, anche per coincidenza a Siracusa dei mondiali di canoa e di uno sbarco con 1.400 migranti arrivati nella vicina Pozzallo, è stato deciso infatti di non bloccare il concerto, ma di filmare e redigere un verbale. Con accertamenti che coinvolgono il parroco di Borgo Minniti, don Carlo D’Antoni, un sacerdote molto impegnato sul fronte degli ultimi, vicinissimo ai migranti, anche per questo arrestato tre anni fa con l’accusa di un traffico di falsi permessi di soggiorno, ma poi prosciolto dal gip Michele Consiglio. Adesso è di nuovo sotto esame. Il campetto del concerto è infatti di pertinenza della parrocchia. Chissà forse tornerà a chiedere ausilio all’avvocata che lo aiutò la prima volta a scrollarsi di dosso ogni sospetto, Sofia Amoddio, deputato nazionale del Pd eletta a Siracusa, collega di Matiello in Commissione giustizia.

«Un fatto di prestigio»

E a lei venerdì inviò un messaggio l’onorevole Matiello: “Cara Sofia nella tua città succede che…”. Un modo per accendere l’attenzione politica anche attorno alla vittima degli organizzatori del concerto, l’imprenditore Montoneri accanto al quale si schierò in aula durante il processo lo stesso Matiello. Adesso deciso a coinvolgere la Commissione antimafia: “E’ evidente che con questa festa comunque sgradevole i boss puntano a guadagnare prestigio e consenso sociale. Non c’è di mezzo un atto di terrorismo o un quintale di cocaina, ma con queste manifestazioni apparentemente innocue si riafferma il sodalizio: noi ti portiamo i cantanti sotto casa, ti facciamo divertire, e a noi devi portare rispetto…”. Proprio il meccanismo che gli inquirenti sperano di intercettare con l’indagine in corso.

Fonte: Felice Cavallaro Corriere della Sera.

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