Ammonta a 217,5 milioni di euro il valore complessivo di beni – compendi, quote sociali di attività commerciali, terreni, veicoli e fabbricati – confiscati, tra Calabria e Lazio, ad un noto imprenditore reggino, Antonio Cuppari, indagato per concorso in associazione mafiosa.
L’operazione è avvenuta a seguito di un’indagine condotta dalla Guardia di Finanzia di Reggio Calabria, dal Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata (S.C.I.C.O.) di Roma, dal Gruppo d’Investigazione sulla Criminalità organizzata di reggio Calabra (G.I.C.O.) e dal gruppo di Locri, coordinati dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Reggio Calabria. Tra i beni sottoposti a sequestro, emerge l’enorme complesso edilizio residenziale turistico “Gioiello del Mare” sito in Brancaleone (RC) e finanziato, secondo gli inquirenti, dai proventi delle attività illecite e delittuose attribuite al clan Morabito di Africo (RC) a cui faceva riferimento lo stesso imprenditore fin dal 2006 e che possedeva, tra l’altro, la sua golden share, ossia una quota occulta di potere decisionale e di controllo sull’investimento del sodale al cui servizio aveva messo a disposizione in momenti nevralgici della vita dell’impresa (dall’avvio, all’affermazione, alla crescita sul mercato) gli strumenti tipici di cui disponeva l’organizzazione criminale, ossia la violenza, l’assoggettamento e l’omertà.
Antonio Cuppari, attualmente domiciliari, era già stato arrestato nel 2013, nell’ambito del processo “Metropolis”, con l’accusa di associazione a delinquere di stampo mafioso e, nel 2016, condannato a 10 anni di reclusione. Nel 2006 si improvvisa imprenditore e decide di avviare la monumentale costruzione del “Gioiello del Mare” pur dichiarando un reddito infimo, tale da mantenere a stento una famiglia.
L’indagine è scattata a seguito dell presa visione di questa ingiustificata discordanza tra il reddito dichiarato dall’imprenditore reggino e il patrimonio direttamente o indirettamente a disposizione.
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