Francesco Bonanata, Luca Bonanata, Giuseppe Liparoto e Nicolas Fusaro, questi i nomi dei quattro ragazzi che il 25 giugno scorso hanno torturato e impiccato un cane randagio in località Sangineto, provincia di Cosenza.
Il reato sarebbe anche probabilmente rimasto impunito se solo gli autori del misfatto non avessero avuto la “brillante” idea di riprendere la scena col il cellulare e postare poi il video su Facebook. Nel video, divenuto poi virale, si vedono bene i quattro ragazzi, poco più che ventenni, colpire ripetutamente il cucciolo, legargli una corda attorno al collo, trascinarlo per poi, infine, appenderlo al ramo di un albero, ancora vivo. Il particolare più sconcertante, oltre alla visione della coda ancora scodinzolante, è la risata dei giovani che fa da sottofondo a tutto il filmato.
Sin da subito l’accaduto ha suscitato la reazione di numerose associazioni animaliste e sono state aperte una serie di petizioni contro il maltrattamento degli animali. La notizia ha però raggiunto un livello nazionale soltanto con il servizio de “Le Iene” realizzato da Nina Palmieri, andato in onda Domenica 23 ottobre. dal video emerge un’immagine totalmente negativa della comunità di Sangineto e della Calabria tutta: omertà, indifferenza, insensibilità. Il degrado è maggiormente sottolineato dall’affermazione:
Ma per piacere, per un cazzo di cane!
pronunciata da un cliente del bar teatro delle riprese. Lo stesso barista, pensando di non essere ripreso intima i ragazzi presenti a danneggiare l’auto della redazione
E’ quella la macchina. andate, gli bucate le ruote, gli fate un danno meccanico e ritornate.
A distanza di due giorni, l’azienda “Caffè Aiello” ha rescisso il contratto con i proprietari del bar al fine di “onorare una filosofia aziendale che, da sempre, rispetta persone, animali, valori” come si legge da un post pubblicato su Facebook dalla stessa.
Immediata anche la reazione del web e dell’Italia intera a condanna del miserabile gesto. E la comunità di Sangineto, dissociandosi dagli intervistati dal programma, risponde con un video di solidarietà
La Calabria non è mafia e violenza; la Calabria è fatica, lacrime e sudore, ma anche speranza e l’urlo di Angelo è l’urlo di protesta e di partecipazione di migliaia e migliaia di calabresi, di italiani, ma prima di tutto di uomini che vogliono far risuonare questa voce, la voce di chi sa ancora cosa vuol dire AMARE.
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