Ecco chi sono i nuovi poveri, 1 giovane su 3 è a rischio
Acronimo di “Not in Education, Employment and Training”, la sigla NEET (in Italia “né-né”) sta ad indicare tutti quei giovani compresi tra i 19 e i 25 anni – i cosiddetti teen-agers (e non a caso NEET, letto al contrario, è TEEN!) – che non studiano né lavorano. Insomma, senza perderci nel significato delle parole, i nostri cari, vecchi “mammoni” (solo che dirlo in inglese fa più figo). Gli svogliati, i maniaci del divano e delle serie TV; quelli che non sanno cosa fare del loro futuro e tanto meno del loro presente; i mantenuti da mamma e papà.
Sono loro i nuovi poveri, secondo alcuni i parassiti della società. Dalle ultime statistiche effettuate, l’Italia risulta il Paese europeo con la più alta percentuale di neet, immediatamente seguito dalla Bulgaria. In Austria meno del 5% dei giovani è inattivo, e il rischio povertà si ferma al 15,2%. Tra le persone della stessa età, in Italia gli inattivi sono il 15% e i giovani a rischio povertà il 32,2% (dati di blog.openpolis.it).
Occorre però, a questo punto esaminare da vicino il problema. Non in tutti i casi si tratta di viziati e sfaticati repellenti a qualsiasi genere di attività fisica e/o mentale. Per molti dei campioni esaminati, il vero responsabile pare essere la crisi del 2008. Essa ha infatti lasciato dietro di sé una scia infinita di miseria e disoccupazione. E se già è difficile tenersi stretto il proprio posto di lavoro, trovarne uno è una vera impresa. E non si tratta di alimentare i soliti luoghi comuni, il problema esiste e la situazione non va sottovalutata.
Tra il 2011 e il 2013 il 3% della popolazione italiana è entrata nella povertà assoluta. Questa categoria comprende tutti coloro che non sono in grado di far fronte alle spese essenziali, quali quelle per alimenti, casa, vestiti, medicine. Il Mezzogiorno è la zona maggiormente colpita dalla povertà, ma anche al Nord la depressione economica è stata significativa. Nel 2005 – prima della crisi – i più indigenti erano gli anziani over 65, mentre oggi la situazione si trova completamente ribaltata.
La crisi ha tagliato posti di lavoro, ridotto gli stipendi, condotto ad un licenziamento di massa. Le tasse universitarie sono diventate insostenibili e lo studio sempre più pesante. Gli anni si allungano e la laurea appare sempre più lontana. In continuo aumento il fenomeno della “fuga di cervelli“- i laureati italiani che tentano la fortuna all’estero. Situazione neanche troppo nuova questa. Espressione di un Italia stanca e indebolita, che ricerca nel passato una soluzione per il presente.