Il movente di questa ennesima manovra di palazzo, secondo il Movimento 5 Stelle, è politico: Renzi vuole andare ad elezioni il prima possibile con una legge anti-M5S nel vano tentativo di evitare i referendum contro il Jobs Act e cercare di capitalizzare il fango gettato in queste settimane contro la giunta Raggi. Il segretario del Pd sa, però, che la maggioranza dei parlamentati non ha alcuna intenzione di staccare la spina prima del 15 settembre 2017, data in cui maturerà il diritto al vitalizio essendo passati 4 anni, 6 mesi e 1 giorno dall’inizio della legislatura. Con la ricca buonuscita Renzi spera quindi di placare gli appetiti di partito e di terminare la breve esperienza del burattino Gentiloni.
La manovra è articolata: il Pd presenterà alla Camera una norma transitoria che consentirà ai parlamentari di incassare i contributi versati all’istante (50 mila euro) con buona pace di qualsiasi logica pensionistica (salario differito). A quel punto verrà presentata la proposta di abolizione del vitalizio a partire dal 2018, con i parlamentari che potranno iniziare a versare i contributi nella cassa professionale di riferimento o all’Inps. Con questo meccanismo da politicante (soldi subito in cambio del voto anticipato), Renzi potrà andare ad elezioni fingendo di aver abolito per sempre il vitalizio dei parlamentari. Nel caso vincesse le elezioni, però, nulla vieterebbe al suo Governo di reintrodurre surrettiziamente l’odioso privilegio. L’unica certezza, infatti, sarà la buonuscita per i parlamentari.
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