E’ l’Italia dei furbetti o meglio dire degli imboscati. Dietro questi comportamenti a prima vista si potrebbe pensare ad una condotta illegittima, ma un groviglio di leggi permette loro di poterlo fare. Il fenomeno spopola soprattutto nel pubblico impiego.
Lo studio è stato condotto dalla Cergas-Bocconi e fotografa un’Italia ferma e in carenza di personale nei servizi rivolti al cittadino. Nella sanità, quasi 80 mila persone, per lo più donne – è riuscito a farsi riconoscere una serie di limitazioni alla propria idoneità lavorativa, con punte del 24% tra gli operatori socio-sanitari, seguiti dal 15% degli infermieri. La metà di questi 80 mila ha diritto a non sollevare i pazienti e a non trasportare carichi troppo pesanti. Il resto degli 80 mila è esentato da un lunga serie di operazioni che i colleghi di pari grado svolgono come essere esposti a videoterminali, a rischi biologici, chimici e allergie, stare a contatto con i pazienti, fare lavori che producono stress.
La maggiore concentrazione dell’esercito degli “inidonei” è al sud. Nell’Azienda sanitaria provinciale di Reggio Calabria, su 1.178 dipendenti, la metà lavora a regime ridotto. Poi ci sono gli 80 psicologi della sanità regionale che invece di aiutare i pazienti, sono rinchiusi negli uffici amministrativi. Un terzo dei vigili urbani di Napoli per esempio tempo addietro ottenne dei certificati medici che consentivano loro di evitare la strada. Tra chi non poteva guidare l’auto di servizio, chi non poteva rispondere al telefono e chi non poteva stare più di pochi minuti al computer. A Palermo sono tuttora circa 400 gli “inidonei temporanei”, tra autisti che non possono guidare, netturbini che non possono spazzare le strade, giardinieri che diventano improvvisamente portieri.
A Milano 4 dei 5 ispettori della società comunale Sogemi, che avrebbero dovuto controllare l’Ortomercato fra le tre di notte e le otto del mattino, hanno rapidamente ottenuto l’inidoneità al lavoro notturno. Un fenomeno che tocca tutta l’Italia, come detto, senza fare eccezioni.
La legge 104 offre una serie di benefici ai lavoratori disabili gravi, o ai genitori, coniugi, parenti e affini entro il terzo grado di familiari disabili gravi. Oltre ai tre giorni di permessi retribuiti al mese per l’assistenza, la legge dà loro il diritto di scegliere la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio, di rifiutare eventuali trasferimenti, eventuali lavori notturni e in alcuni casi anche lavori domenicali e festivi. Per le stesse categorie scatta anche il congedo straordinario retribuito di due anni.
Negli ultimi cinque anni – secondo i dati forniti dall’Inps – gli accessi alla legge, per la propria disabilità e per quella dei familiari, sono cresciuti rispettivamente del 22,5 e del 34 per cento. Nel pubblico impiego – ancora dati Inps – i beneficiari della 104 e dei congedi straordinari sono 440 mila, ossia il 13,5 per cento di tutti i dipendenti, mentre nel settore privato sono appena il 3,3 per cento.
La Sardegna è in testa per docenti di ruolo disabili gravi o parenti di disabili (il 18,3 per cento), all’Umbria va il primato del personale non docente che beneficia della legge: il 26,3 per cento. Si posiziona “bene” anche il Lazio, con il 16 e con il 24,8 per cento. In Veneto, Piemonte e Toscana, al contrario, troviamo il minor numero di beneficiari.
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