Qalche giorno fa vi abbiamo raccontato la storia di Walter Castrogiovanni, 22enne liparota neo-dottore in “Disegno Industriale” all’Università degli studi di Palermo, che ha costruito una moto per la sua tesi di laurea prendendo 110 e lode. (Clicca qui per leggere l’articolo). Oggi siamo riusciti a contattarlo e farci dare qualche spiegazione in più. Sotto l’intervista integrale e alcune foto.
Walter, 22 anni, capello scomposto, sorriso quanto appena accennato e occhi grandi e scuri. Non scuri come la notte, piuttosto scuri come il legno che arde. Potrebbe sembrare il tipico ragazzo della porta accanto, timido e gentile. E se gentile lo è davvero, altrettanto non si può dire per “timido”. Si definisce folle, tenace e divertente. E in effetti un pizzico di follia deve pur averla avuta per progettare e costruire, da solo e a sue spese, una moto. Già, una vera moto, con tanto di motore, forcella e sospensione (non chiedetemi altro, non ho alcuna idea di cosa siano!). Valchiria – questo il nome della moto – è rossa fiammante, dal carattere deciso e innovativo, un po’ come il suo “papà”.
Volevo dare alla moto una connotazione aggressiva, dallo stile abbastanza rock ‘n’ roll, quindi pensai di ispirami a qualche divinità, una sera pensai alle valchirie. Le valchirie nella mitologia germanica erano delle dee guerriere e poiché la moto per definizione è femmina ho pensato di chiamarla così. Doveva colpire e restare impresso il nome.
No. A dire il vero in famiglia non ci sono neanche motociclisti, sembra quasi una sorta di passione a priori che mi sono da sempre portato dentro. Non so esattamente cosa mi abbia stimolato e tuttora mi stimoli, forse una sorta di amore-odio-paura e rispetto nei confronti del veicolo. Mi hanno sempre affascinato le tinte delle moto, le forme, la loro evoluzione correlata alle tecnologie, le soluzioni tecniche. Ci sono sempre stato immerso, le ho sempre ammirate e studiate. Spesso anche nei momenti più difficili questa passione mi ha permesso di non arrendermi.
Premetto che sogno di costruire un veicolo dalla scuola media. L’effettiva bolla esplose poi al primo anno di università, quando feci vedere un abbozzo di 3D al mio prof di disegno, il Prof. Arch. Fabrizio Avella. Lui mi diede corda e poco tempo dopo ebbi una delle mie pensate folli. “Costruiamola”. Lì mi fu dato del pazzo un po’ da tutti. Nessuno credeva fosse possibile. Ma io sapevo che era possibile e potevo farcela.
Economicamente circa 3500 € e tante rinunce, ma ho fatto praticamente tutto da solo. A tale somma va aggiunto l’impianto scarico che mi è stato regalato dalla SILMOTOR International S.p.a. di Torino. Oltre al costo economico mi è costata un bel po’ di salute, sonno perso, mi sono fatto molte volte male. Specialmente gli ultimi mesi prima della laurea, è stato massacrante. Ma rifarei tutto.
Innovativa è la sua idea di pluriconfigurabilità. Solitamente una casa produttrice che ha in listino per esempio 6 modelli, ha 6 telai diversi, con enormi costi produttivi e gestionali. Con un sistema come il mio, variando alcuni parametri della sospensione anteriore, quali inclinazione forcella e quindi avancorsa e facendo modifiche al settaggio della sospensione posteriore e alla posizione dei comandi e naturalmente variandone le carene è possibile ottenere più tipologie di moto ma una base unica. Qualcosa di simile si fa già con le auto. Per fare un esempio banale Fiat fa con lo stesso telaio Panda e 500.
Il segreto sta nella sospensione anteriore. Tale sistema non l’ho inventato io. Semplicemente l’ho impiegato in maniera originale per rendere variabili le geometrie che mi interessavano. Si tratta di una sospensione a parallelogramma, funziona un po’ come la sospensione di una auto. La forcella di per se è rigida ma è connessa a dei bracci oscillanti che a loro volta sono connessi ad una sospensione. Variando la lunghezza dei bracci si modificano le geometrie che ci interessano.
Domanda interessante. Attualmente la mia soddisfazione più grande è stata costruire quella moto, il tutto durante gli studi. L’emozione più forte che provai fu durante la prima accensione. Quello fu un momento particolare. Il motore, di per se inerte, prese vita.
10 anni. 10 anni sono tanti, avrei 32 anni. Premetto che prendo alla leggera l’argomento futuro, perché si può indirizzare ma non si hanno certezze. Tra 10 anni mi vedo un Designer discretamente affermato nel campo moto, possibilmente un costruttore di moto, originale, ma voglio restare il solito pazzo. Mi vedo sicuramente stanco e sommerso di pensieri. Ma spero almeno di riuscire a fare ciò che mi va.
Sicilia. Terra bastarda, affascinante e piena di potenziale. Al momento non ho possibilità di sviluppare i miei progetti al sud, poi a Lipari non ne parliamo. Dovrò andarmene a breve. Ma non rinnego la mia terra, ne le mie isole. Aprire una attività manifatturiera a Lipari è uno dei grandi sogni, un Atelier sull’isola dove si realizzano moto uniche, l’idea è stuzzicante ma complessa, forse impossibile. Spero comunque di poter fare qualcosa di interessante in Sicilia.
Per me direi: folle, tenace, divertente. Per la moto: grunge, arrogante, intrigante.
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