Il Mose non funzionerà, questa in estrema sintesi la diagnosi. Il prof. Paolucci, esperto dell’ex Magistrato alle Acque, ha individuato in materiali e vernici l’origine dei problemi: «Nelle cerniere corrosione in agguato per l’uso di acciaio non inossidabile», viene detto nell’articolo della Nuova Venezia in edicola oggi.
E’ una notizia che i più pessimisti si aspettavano, ma che potrebbe creare un terremoto socio-economico (di quello politico si è già parlato): la mega-struttura presentata in pompa magna, che ha prosciugato i fondi della Legge Speciale per anni, che doveva salvare Venezia dalle acque, non funzionerà? Pare di no, perché il Mose ha problemi strutturali.
Possibile? Pare di sì, viene detto nell’articolo: “In quanto l’acciaio con cui sono state costruiti i perni delle cerniere non è quello del progetto e dei test. C’è dunque la possibilità di corrosione dei materiali delle cerniere, cuore dell’intero sistema da 5 miliardi e mezzo di euro, con la possibilità di un cedimento strutturale della paratoia”.
La tesi è sostenuta da uno studio del professor Gian Mario Paolucci, già docente di Metallurgia all’Università di Padova ed esperto del Provveditorato alle Opere pubbliche (ex Magistrato alle Acque). Un documento di nove pagine che mette un timbro su dubbi e incertezze che altri esperti e critici dell’opera avevano avanzato negli ultimi anni.
La situazione è grave secondo il professore, al punto che potrebbe far slittare il completamento dell’opera previsto per il giugno 2018. Il quotidiano fa riferimento alle criticità rivelate nei dettagli dal settimanale l’Espresso, oggi in edicola. «La natura metallica non inossidabile del materiale prescelto con cui è stata realizzata la maggior parte dei componenti immersi», scrive Paolucci, «rende quest’ultimo particolarmente vulnerabile alla corrosione elettrochimica provocata dall’ambiente marino».
Altre disamine riguardano la vernice: «Abbiamo l’assoluta convinzione», si legge nella relazione finale, «che la protezione offerta dalla vernice non sia totale né duratura, causa le abrasioni prodotte da sabbia e detriti».
Il rapporto continua: “Ad eccezione di Treporti, le paratoie che hanno lo zinco protettivo non sono ancora state montate sui cassoni, sott’acqua da tre anni. E senza protezione la corrosione avanza. Non è prevista manutenzione se non dopo cento anni”. «In questa situazione, scrive il professore, «c’è la seria probabilità che la corrosione provochi danni strutturali e dunque il cedimento della paratoia».
Un quadro disastroso che se si dovesse concretizzare avrebbe un responsabile primario: L’acciaio. “Emergono differenze sostanziali tra l’acciaio utilizzato per i test e quelli poi utilizzati nella costruzione delle 158 cerniere. Il primo, scrive Paolucci, era acciaio inox superduplex prodotto dalle Acciaierie Valbruna di Vicenza. Il secondo invece – che proviene con ogni probabilità dall’Est – era di lega diversa e di costo ovviamente inferiore”.
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