Dopo aver analizzato gli effetti del controllo della mafia a Palermo e dei clan camorristici a Napoli, analizziamo la situazione della provincia di Trapani.
COESIONE, IMPERMEABILITÀ E LEADERSHIP
L’azione di cosa nostra sul trapanese è connotata da due tratti molto significativi: la fortissima coesione e l’impermeabilità. Proprio per mezzo di queste caratteristiche, il modello organizzativo tradizionale di cosa nostra a Trapani è rimasto inalterato. Si tratta, infatti, di un’organizzazione di tipo verticistico, che controlla accuratamente il territorio entro cui esercita la propria azione. All’interno di questo sistema la presenza di una forte coesione è data dal permanere della leadership del latitante di Castelvetrano, Matteo Messina Denaro, attorno cui si è sviluppato un senso di appartenenza molto sentito. Gli affiliati sono in gran parte uomini in età matura e provenienti dal mondo agro-pastorale. Ma la relazione il latitante di Catelvetrano è sostenuta anche da ambienti della società civile, della borghesia, dell’imprenditoria e della politica locale.
Le articolazioni mafiose sembrano essere caratterizzate dalla pacificazione e dalla cooperazione. Infatti, famiglie e mandamenti preferiscono non esporsi, mantenendo così un basso profilo. La ripartizione convenzionale tra famiglie delle aree influenzate da cosa nostra ultimamente non ha subito grosse variazioni.
Inoltre, una grande capacità di interesse per le “relazioni esterne” rende possibile un’abile capacità di mimetizzazione, che permette di perseverare nell’inquinamento dell’economia locale.
Proseguono instancabilmente le indagini- anche patrimoniali- condotte dalla D.I.A. e dalle Forze di polizia volte a scoprire la cerchia di interessi e le coperture riguardanti il latitante di Catelvetrano.
Tra maggio e giugno sono stati eseguiti diversi sequestri dalla Sezione Operativa della D.I.A.
A maggio è stato sequestrato il patrimonio immobiliario, finanziario e societario di un imprenditore, indiziato mafioso, per un valore che superava i 5 milioni di euro.
Successivamente, a giugno, è stato svolto un sequestro di beni nei confronti di due imprenditori, padre e figlio. Il padre sarebbe stato segnalato come appartenente a cosa nostra per aver fornito supporto economico alla famiglia mafiosa di Mazara del Vallo.
Gli accertamenti hanno consentito di smascherare le dinamiche interne alla cosca: l’imprenditore arrestato è risultato essere abusivo e usuraio. Si è inoltre scoperto che l’uomo reinvestiva capitali tramite l’intestazione fittizia di beni, spesso acquisiti da prestanome.
Il settore edile suscita maggiore interesse tra i clan mafiosi. Ciò è stato confermato dall’operazione “Cemento del golfo“, grazie alla quale sono state messe in evidenza le modalità di infiltrazione nel sistema dei sub appalti, delle forniture e della produzione e distribuzione degli inerti in campo di edilizia pubblica e privata.
Nella provincia sono registrati anche reati connessi alle sostanze stupefacenti, soprattutto in relazione alla produzione.
Nell’ultimo semestre è stata accertata la presenza diffusa di coltivazione di cannabis indica, soprattutto nell’area di Marsala. Proprio a Marsala un Maresciallo dell’Arma dei Carabinieri è stato ucciso mentre svolgeva un servizio di appostamento nei pressi di una serra adibita alla coltivazione di cannabis. È stato ucciso da uno dei guardiani della piantagione.
Rimane molto diffusa anche l’attività estorsiva, che favorisce liquidità e un fortissimo controllo sul territorio.
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