Smetti di definirti. Concediti tutte le possibilità di essere.
(Alejandro Jodorowsky Prullansky)
L’esigenza di definire ogni aspetto della realtà, compresa l’arte, è presente sia in autori precedenti a Kant, come Batteaux e Burke, sia in autori e filoni di pensiero successivi, come Hegel e il neoidealismo, fino ad arrivare alla contemporaneità. Come sottolinea Emilio Garroni nel suo Estetica: uno sguardo attraverso, la condizione particolare della conoscenza umana avviene sempre come all’interno di un filtro, che influenza la percezione del mondo, ma allo stesso tempo non preclude l’accesso alle cose. In questo modo si evitano due derive insostenibili: quella dell’oggettivismo, che vuole la percezione come un doppio esatto della realtà, e quella del soggettivismo solipsistico, che rinchiude il soggetto in se stesso e gli preclude ogni tipo di conoscenza degli oggetti. Attraverso questo filtro si raggiunge una conoscenza condizionata del mondo. L’arte, e quindi anche la Poesia, non possono essere intese ed analizzate scientificamente, ma costituiscono occasioni di riflessione. Attraverso l’arte è possibile comprendere meglio la possibilità stessa dell’esperienza in genere. Bisogna concentrarsi sul senso dell’esperienza, che si manifesta attraverso quadri, sinfonie e poesie, e non nelle opere in sé. L’arte in senso estetico è un “qualcosa” non facilmente identificabile e definibile con precisione, ma ciò non significa che dell’arte non si possa parlare. Già chiedersi, come avviene spesso, che cosa sia l’arte è segno di un “non sapere”, ma interrogarsi su qualcosa non significa essere totalmente all’oscuro di ogni aspetto dell’argomento. Ogni quesito, infatti, presuppone una qualche forma di sapere, poiché, se utilizziamo la parola “arte”, vuol dire che abbiamo delle esperienze contingenti a cui facciamo riferimento. Chiedendoci che cosa sia l’arte, dunque, presupponiamo una qualche forma di sapere. La risposta a questa domanda non può derivare dalla ricostruzione di una tradizione, perché non esiste, esiste, invece, un intreccio di tradizioni, che prevedono somiglianze, evidenti identità, ma anche differenze forti che comportano contrasti ed incompatibilità. Dallo studio di queste relazioni non si può definire l’arte, né il suo oggetto di studio. Tra i più evidenti elementi in comune, vi è la grande attenzione data alla Poesia. Infatti la riflessione estetica moderna muove proprio dalla poetica e riconosce a lungo nella Poesia l’arte principale (è il caso di Batteux, Baumgarten, Kant, Hegel e del romanticismo in generale). Infatti Schelling e Croce usano il termine “Poesia” come sinonimo di arte in senso spirituale e non tecnico, non solo per ragioni etimologiche. Dunque la Poesia è un importante filo rosso.
Il problema della definizione dell’arte è segno di una difficoltà ancora più radicale, dato dal fatto che l’intreccio di somiglianze e differenze portano i concetti di “arte” ed “estetica”, ma anche di “opera d’arte” e “arte” ad implicarsi a vicenda, formando un circolo che ha l’aria di essere un circolo vizioso: i concetti nelle definizioni si richiamano tra loro, senza che però via sia una definizione chiara ed indipendente a cui poter fare riferimento. Forse, però, non si tratta di una vera difficoltà, almeno finché il circolo vizioso semplicemente funziona. Dato che il circolo, inteso come un continuo rinvio tra cose e parole, pragmaticamente funziona (anche se difficile da definire) non è un circolo vizioso, ma un circolo normale. Il circolo, in seguito, diventa virtuoso, nonostante le posizioni di Heidegger ed Hegel, che in modi diversi esprimono la necessità di una definizione dell’arte, nell’ottica di una presunta esigenza di storicizzazione della verità. Questo, però, non può portare l’arte a perdere la propria esemplarità, perché non si vedrebbe più in essa necessità, costringendola a ritirarsi nella contingenza. Bisogna tentare di comprendere il circolo estetico senza tematizzarlo, perché semplicemente funziona. Il problema nel definire l’arte è dato dal fatto che essa, pur non differenziandosi da qualsiasi altro oggetto o esperienza, che è sempre qualcosa di determinato, è qualcosa di ineffabile, perché è esibizione esemplare di ciò che è ineffabile in qualsiasi altra esperienza.
In virtù di quanto scritto, probabilmente è impossibile, oltre che inutile, definire le prerogative del poeta e della Poesia, considerando anche che l’ampio mosaico della letteratura mondiale ci offre numerosi esempi di indirizzi di pensiero, profondamente diversi tra loro. Un genere sicuramente interessante è il paroliberismo: la poesia futurista, in cui le parole che compongono il testo non hanno alcun legame sintattico-grammaticale. Inoltre, come si legge nel Manifesto tecnico della letteratura futurista, vengono aboliti la punteggiatura, gli accenti e gli apostrofi.
I futuristi, riuniti attorno alla rivista Poesia, fondata da Filippo Tommaso Marinetti volevano «esaltare il movimento aggressivo, l’insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo ed il pugno», dato che «la letteratura esaltò fino ad oggi l’immobilità pensosa, l’estasi ed il sonno». Tra i maggiori esponenti del genere si ricordano, oltre al fondatore Marinetti, Paolo Buzzi, Aldo Palazzeschi, Corrado Govoni, Ardengo Soffici e Luciano Folgore.
Interessante è il caso dell’Aeropoesia, un sottogenere della lirica, ideato da Marinetti e associato al secondo futurismo marinettiano, su cui si fonda la composizione dell’aeropoema Canto eroi e macchine della guerra mussoliniana. L’opera è composta da nove parti, dette simultaneità, precedute da una prefazione, chiamata collaudo. L’autore abolisce l’uso della punteggiatura e, in parte, della sintassi, fa, inoltre, un uso esasperato di neologismi e analogie imprevedibili, aggiungendo alcuni brani di “parole in libertà”. In realtà, quindi, anche il poeta futurista segue delle regole precise e deve necessariamente essere in possesso di una solida cultura letteraria.
Ciò che risulta essere principalmente importante, dunque, è conoscere: apprendere attraverso lo studio, la lettura, l’interazione con le arti e con ogni aspetto della realtà circostante, consapevoli delle leggi e delle norme che la regolano, ma senza permettere mai loro di diventare un peso, un severo “manuale di istruzioni” a cui doversi attenere per approcciarsi alla vita.
Dopotutto, è proprio questa natura vaporosa, sfumata, talvolta priva di contorni e colori riconoscibili, che ci affascina tanto da spingerci quotidianamente a indagare questo mondo, a cui partecipiamo, alla ricerca di una forma nitida e limpida in cui un giorno, forse, poterci riconoscere.
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