Aula vuota in Parlamento, ma quanta confusione su Dj Fabo e biotestamento
Su 630 parlamentari, solo una ventina erano presenti lunedì alla discussione del disegno di legge sul biotestamento. Le parole dei relatori hanno riecheggiato tra i banchi vuoti di Montecitorio ed infine si è prodotto l’ennesimo rinvio: due questioni pregiudiziali (Calabrò, Pagano) e quattro questioni sospensive (Gigli, Fedriga, Pagano, e Rampelli), presentate alla Camera hanno determinato uno slittamento del voto in aula a data da destinarsi.
Cade dunque la maschera di ipocrisia indossata fin qui dalla maggior parte delle compagini politiche: sui social e sui media tradizionali siamo stati bombardati da dichiarazioni relative al “caso” di DjFabo. La copertura mediatica è stata totale: i politici non potevano tirarsi indietro da promesse e dichiarazioni d’intenti, o più malignamente, da maldestri tentativi di saltare sul “carro del consenso” cavalcando il tema centrale del dibattito nazionale. Tuttavia ieri la seduta è stata snobbata da la quasi totalità del parlamento: se a ciò aggiungiamo che il provvedimento che sta vedendo la luce non ha niente a che vedere (almeno finora, ma non ci sono previsioni in tal senso) con la vicenda di DjFabo, la spia della politica assente lampeggia sempre più forte.
Precisiamo infatti che Dj Fabo non era un malato terminale, e l’attuale disegno di legge non sarebbe stato comunque applicabile al suo caso, in cui era necessaria una “eutanasia attiva” – un suicidio assistito – non prevista dal biotestamento italiano. La maggior parte delle forze politiche, salvo pochi casi, ha supinamente seguito l’onda collettiva di umanità verso il povero Fabo, per poter creare una connessione col provvedimento che veniva invece atteso da anni, se non lustri; pensiamo al caso Englaro. Lì si che sarebbe stato applicabile l’attuale disegno di legge.
Questa contaminazione di concetti non è colpa soltanto dei parlamentari: sappiamo benissimo che molti non conoscono neppure la Costituzione, figurarsi se arrivino anche ad essere esperti tecnico-scientifici. A fuorviare l’opinione pubblica in primis, e quindi anche la risposta della parte politica, sono stati i mass media, che hanno quasi sempre banalmente associato Dj Fabo con il disegno di legge sul biotestamento, facendo disinformazione.
E proprio disinformazione e fakenews sono state qualificate le parole di chi ha riportato con sorpresa – se non sdegno, come nel caso di Mentana – l’assenza di massa dei parlamentari per la discussione del disegno di legge. Così si sono espressi alcuni parlamentari e qualche quotidiano. Nel caso di discussione non vi sarebbe l’obbligo per i parlamentari di presenziare in aula, per di più il lunedì quasi mai il parlamento lavora a pieno regime, al massimo si svolge lavoro in commissione, o comunque, secondo la deputata Pd Giuditta Pini “il lunedì non si vota in aula, è una giornata che di solito il parlamentare usa per incontri sul territorio, giri nei ministeri e lavoro d’ufficio.”
Due sono quindi le conclusioni che traiamo dall’analisi di queste ultime vicende: la prima vale più per i giornalisti ed è quella per cui bisogna smettere di associare il caso Dj Fabo con l’attuale disegno di legge; la seconda è quella che i nostri deputati (“pagati!”, direbbe Sgarbi) considerano una legittima prassi quella di non andare a Montecitorio o Palazzo Madama il lunedì a prescindere da cosa stiano facendo.
Che la settimana del Parlamento fosse cortissima era fatto già abbastanza chiaro; è altrettanto chiaro adesso, che quello che ha fatto seguito ai buoni propositi dei giorni scorsi è stato l’ennesimo rinvio: l’ennesima inerzia di una lumaca, quella del potere legislativo: ci abitua alla lentezza salvo poi correre quando l’esecutivo glielo impone.