La schiavitù esiste ancora e coinvolge almeno un centianio di Paesi. Il rapporto delle Nazioni Unite presentato al Consiglio di sicurezza dal segretario generale Antonio Guterres, sottolinea che la schiavitù del Duemila non riguarda soltanto in senso lato fenomeni della vita quotidiana in gran parte collegati ai beni di consumo, ma anche quella praticata con il lavoro forzato nei territori controllati dall’Isis. Lo rileva uno studio pubblicato da Agi e AFP.
Per Guterres occorre un lavoro importante per prevenire e punire il traffico di essere umani, a partire dal rafforzamento della cooperazione internazionale in questo campo. Il rappresentante permanente all’Onu dell’Italia, Sebastiano Cardi, ha ricordato come il nostro Paese, componente per il 2107 del Consiglio di Sicurezza, lavori perché ci sia un interessamento costante alla piaga del traffico di esseri umani e affinché l’argomento sia trattato come una priorità.
Per Cardi è fondamentale attuare la risoluzione 2231 del dicembre 2016 e l’Italia crede che il traffico di esseri umani, particolarmente nelle situazioni di conflitto, richieda un approccio a livello nazionale e internazionale. A livello internazionale una risposta concertata è urgente e per questo l’Italia guarda con fiducia alla Conferenza sulla Convenzione di Palermo che si svolgerà a New York in giugno. Allo stesso tempo, le giurisdizioni nazionali hanno la responsabilità primaria di prevedere sanzioni per questi delitti e assicurare che i responsabili siano perseguiti.
Che cosa prevede la Convenzione di Palermo
Il Protocollo impegna gli Stati ratificanti a prevenire e combattere la tratta di persone, proteggere e assistere le vittime della tratta e di promuovere la cooperazione tra gli Stati membri
E’ poi necessario intraprendere azioni a favore delle vittime, con particolare riguardo alle donne e ai bambini. Le donne rappresentano oltre la metà delle vittime della tratta a livello globale e bambini sono particolarmente esposti allo sfruttamento: solo nel 2016, circa 25.800 minori non accompagnati hanno raggiunto l’Italia via mare, più del doppio dei dati registrati nel 2015. Cardi ha infine attirato l’attenzione sulla necessita’ di vie legali e sicure per gli spostamenti di quanti fuggono dai conflitti e ha ricordato l’iniziativa dei corridoi umanitari, portata avanti dal nostro governo, un modello che altri Stati europei stanno seguendo.
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