Dalle prime ore della mattinata odierna personale della Direzione Investigativa Antimafia di Catania, diretta dal Primo Dirigente della Polizia di Stato dr. Renato PANVINO, sta eseguendo il decreto di sequestro beni emesso dal Tribunale di Messina – Sezione Misure di Prevenzione – su proposta avanzata dal Direttore della D.I.A., nei confronti di PRUITI Giuseppe, di anni 47, soggetto ritenuto capo del clan mafioso operante a Cesarò e gerarchicamente inquadrato alle dirette dipendenze del pregiudicato Salvatore CATANIA, quale referente territoriale per la zona di Bronte e territori limitrofi della famiglia catanese “Santapaola-Ercolano”.
Gli approfondimenti investigativi avviati dalla D.I.A. di Catania in stretta sinergia con la Direzione Distrettuale Antimafia di Messina, diretta dal Procuratore f.f. dr. Vincenzo BARBARO, in seguito al noto attentato subìto dal Presidente del Parco dei Nebrodi – Dott. Giuseppe ANTOCI, hanno avuto ad oggetto anche le cospicue erogazioni di contributi AGEA nei confronti di soggetti collegabili direttamente o indirettamente ad associazioni mafiose operanti nel territorio nebroideo, con la svolgimento di mirate indagini patrimoniali. Tra i numerosissimi soggetti monitorati e analizzati dagli investigatori della D.I.A. è emersa la figura di TRISCARI GIACUCCO Angioletta, convivente dell’ergastolano PRUITI Giuseppe.
Quest’ultimo, arrestato nell’ambito dell’operazione “Nitor” nel 2004, è stato condannato con sentenza passata in giudicato per i reati di associazione mafiosa ed omicidio, poiché ritenuto responsabile, unitamente a Gianfranco e Marco CONTI TAGUALI, dell’omicidio di Bruno SANFILIPPO PULICI, allevatore di Maniace, morto il 4 giugno del 2002 all’ospedale Cannizzaro di Catania, dove era stato ricoverato per le ferite infertegli dai pallettoni esplosi da un fucile utilizzato dai sicari, fatto accaduto in un podere di contrada Vellamazzo di Cesarò.
Da ultimo, nello scorso mese di febbraio, il fratello Giovanni, di anni 41, nel frattempo assurto a capo del clan di Cesarò dopo l’arresto del fratello Giuseppe, è stato sottoposto a fermo, insieme al noto boss mafioso Salvatore CATANIA, inteso Turi, ed altri, nell’ambito di un’operazione di polizia giudiziaria tesa a disarticolare le consorterie mafiose di Cesarò e Bronte, i cui vertici sono i boss sopra citati. Il legame con Salvatore Turi CATANIA consente di ritenere il clan di Cesarò, capeggiato dai PRUITI, espressione della potente e pericolosissima famiglia mafiosa catanese dei Santapaola-Ercolano, di cui il CATANIA costituisce elemento di spicco (a capo del clan mafioso di Bronte, affiliato alla famiglia Santapaola, di cui garantiva gli affari illeciti nel territorio che da Bronte si espandeva fino ad Adrano e Paternò, le investigazioni hanno tracciato i rapporti con il famoso boss catanese Vincenzo AIELLO e gli emissari dei noti boss palermitani di Cosa Nostra LO PICCOLO).
Le evidenze investigative emerse dalle svariate indagini condotte nel tempo sul conto dei clan mafiosi operanti nel territorio dei Nebrodi, suffragate dalle condanne pronunciate in via definitiva dall’Autorità Giudiziaria, confermano l’elevato spessore criminale della famiglia Pruiti, i cui affari ruotano intorno all’accaparramento dei terreni agricoli in affitto, degli allevamenti e al controllo del settore della commercializzazione della carne.
Le indagini condotte dalla D.I.A. si sono sviluppate principalmente sulla ricostruzione reddituale e patrimoniale di PRUITI Giuseppe e del proprio nucleo familiare. In particolare, è stata evidenziata la sproporzione tra i redditi dichiarati ed il patrimonio acquisito nel corso dell’ultimo decennio. Nonostante la cospicua percezione di contributi erogati dall’Unione Europea che, tra l’altro, non potevano essere assegnati a soggetti destinatari di misure di prevenzione e dei loro familiari, il patrimonio rilevato dalle investigazioni è risultato frutto di investimenti di gran lunga superiori ai flussi finanziari regolarmente dichiarati.
Il notevole interesse economico dei clan mafiosi operanti nell’area dei Nebrodi per intercettare i flussi finanziari provenienti dalle erogazioni di contributi da parte dell’Agea per le attività agricole ha trovato conferma in una recente indagine coordinata dalla D.D.A. di Catania, che ha condotto all’esecuzione dei fermi di polizia giudiziaria nei confronti, tra gli altri, di PRUITI Giovanni, fratello di Giuseppe, e di CATANIA Salvatore (cd. operazione Nebrodi). In particolare, da tale indagine è emerso come, in presenza di maggiori controlli e requisiti per ottenere l’affidamento di terreni demaniali (in seguito alla stipula del protocollo di legalità da parte del Presidente dell’Ente Parco, subordinato al rilascio della certificazione antimafia), i clan mafiosi si siano adoperati, con intimidazioni tipiche del metodo mafioso, per avere il controllo di terreni privati tramite i quali ottenere i relativi benefici economici. Le attività investigative svolte in quel contesto consentivano di documentare come il sodalizio riconducibile a Salvatore Turi CATANIA riuscisse ad ostacolare con il metodo mafioso ogni libera iniziativa agricola-imprenditoriale e condizionare fortemente il libero mercato. Il gruppo criminale operava in prima istanza su tutti gli aspiranti acquirenti provocandone il recesso dalle trattative in corso, anche mediante concrete intimidazioni.
Il Tribunale di Messina, quindi, condividendo le conclusioni investigative ed accogliendo la proposta avanzata dal Direttore della D.I.A., ha disposto il sequestro dei beni di cui il PRUITI risulta disporre direttamente o indirettamente, consistenti in imprese operanti prettamente nel settore agricolo e nella ristorazione, numerosi terreni agricoli, fabbricati ubicati in Cesarò (ME) e Catania, diversi veicoli, centinaia di titoli ordinari AGEA e rapporti finanziari in corso di quantificazione.
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