Evasione dal carcere nella sezione di massima sicurezza, così un affiliato alla camorra è fuggito

I macellai. Così viene chiamata la famiglia di camorra a cui appartiene Alessandro Menditti, 44 anni, evaso la notte scorsa dal carcere di Frosinone e ancora attivamente ricercato dalla forze dell’ordine, tanto in Ciociaria quanto sul resto del territorio nazionale.

A riportare la notizia è Repubblica.it. L’evasione di cui si è reso protagonista il 44enne di Recale, in provincia di Caserta, sembra la più classica tra le sceneggiature dei film sui detenuti che sfidano l’impossibile per riconquistare la libertà perduta. Un foro nel muro della cella, un lenzuolo annodato per calarsi dall’alto e poi l’ultimo sforzo, il salto del muro di recinzione che separa l’area del  carcere dal mondo esterno. Qualcosa, però, come tante pellicole hanno mostrato nel corso del tempo, anche nella realtà non è andata per il verso giusto. Il muro è alto. Circa dieci metri. E il compagno di evasione del casertano non ce la fa. Cade e resta immobile al suolo.

A quel punto Menditti non ha scelta. Forse anche lui ferito, visto che alcuni testimoni hanno riferito alle forze dell’ordine di un uomo claudicante che si allontanava velocemente, deve proseguire da solo. E subito è scattata la caccia all’uomo. Sulle tracce del 44enne uomini della polizia penitenziaria, della polizia di Stato, carabinieri, finanzieri e anche un elicottero. Foto segnaletiche diramate a livello nazionale. Una corsa contro il tempo prima che un esponente dei “Macellai” riesca a trovare un nascondiglio sicuro.

Menditti era stato arrestato alla fine del 2011 dalla squadra mobile di Caserta. Il suo clan, contiguo alla cosca dei piccolo di Marcianise, si era poi alleato con i Belforte, meglio noti come i “Mazzacane”. Arresti tra le fila di quest’ultimi e pentimenti avevano quindi consentito ai Menditti di accrescere il loro potere nel casertano, facendo affari con le estorsioni, lo spaccio di sostanze stupefacenti, cocaina e hashish nello specifico, le armi. Un gruppo che aveva messo in ginocchio imprenditori edili e aziende di videogiochi. A rompere loro le uova nel paniere l’inchiesta “Mangusta” dell’Antimafia di Napoli, che oltre al 44enne ora evaso, dal lungo curriculum criminale e già sorvegliato speciale, aveva portato in carcere i fratelli e la moglie di quest’ultimo. Un boss di camorra che doveva scontare una pena fino al 2026.

Dalle prime indiscrezioni raccolte, sembra che a organizzare l’evasione dal carcere di Frosinone sia stato un gruppo legato a un albanese, detenuto per reati legati allo spaccio di droga, che ha cercato di scappare insieme a Menditti, ma che appunto è rimasto ferito ai piedi delle mura del penitenziario e che è stato subito ricoverato, sospettando che abbia subito seri danni alla colonna vertebrale. In ambulanza, inoltre, indosso a quest’ultimo sono stati trovati due telefoni cellulari, impiegati probabilmente per accordarsi con i complici prima dell’evasione.

Massimo Costantino, della Fns Cisl Lazio, ha dichiarato che proprio sul carcere di Frosinone il sindacato “aveva quotidianamente segnalato la grave carenza di personale e sovraffollamento dei detenuti”. “Lo diciamo da tempo – gli ha fatto eco Alessandro De Pasquale, segretario nazionale dell’Ugl Polizia Peniteziaria – il sistema penitenziario italiano non funziona, occorrono nuove strategie. Possiamo ormai ritenere annunciate le evasioni dalle carceri italiane, visto che le politiche penitenziarie sembrano prive di un minimo di strategia dove spesso, a pagare, non è colui che sta al vertice ma chi vive giorno dopo giorno le dinamiche del carcere, subendo direttive molto spesso poco chiare”. Senza contare che, a peggiorare ulteriormente il quadro, c’è il particolare che l’evaso si trovava in una sezione di alta sicurezza, tra quelle che dovrebbero essere più sorvegliate.