«Durante la crisi dell’euro i Paesi del Nord hanno dimostrato solidarietà con i Paesi più colpiti — ha dichiarato Dijsselbloem, presidente dell’eurogruppo, al quotidiano tedesco Faz —. Come socialdemocratico do molta importanza alla solidarietà, ma hai anche degli obblighi, non puoi spendere tutti i soldi per alcol e donne e poi chiedere aiuto»
Continua quindi il circo degli orrori mediatico, dopo il caso della Perego e delle ragazze dell’est, ed i protagonisti rimangono beceri stereotipi: questa volta però provengono – con tutto il rispetto per Paola e la sua trasmissione – da un livello istituzionale ben più elevato.
Se nel caso della Perego ci troviamo di fronte ad una dipendente di un’azienda radiotelevisiva, colpevole di non avere filtrato contenuti inadeguati, la dichiarazione shock di Dijsselbloem rappresenta un fatto ben più grave, altamente lesivo per la credibilità delle istituzioni europee.
Non comprendiamo infatti come esternazioni del genere possano essere compatibili con la carica di presidente dell’eurogruppo: mentre l’euroscetticismo avanza, l’Unione Europea appare più disgregarsi che compattarsi.
Dijsselbloem ha messo il dito nella piaga: con poche parole ha vanificato gli infiniti sforzi che i progressisti d’Europa stanno facendo per non vedere crollare le istituzioni europee su sé stesse. Ma se un progressista olandese – presidente dell’Eurogruppo per di più – esprime certe opinioni, quali saranno quelle dei suoi connazionali più conservatori? Gli europarlamentari dell’Alleanza Progressista (lo stesso gruppo del PD e dei principali partiti di sinistra europei) hanno chiesto le scuse di Dijsselbloem, che però si è limitato ad aggiungere che anche l’Olanda in passato ha tenuto comportamenti non corretti, senza scusarsi.
Nel frattempo Renzi ha fiutato l’occasione ed ha tuonato attraverso la sua pagina fb: «Dijsselboem ha perso un’occasione per tacere; prima si dimette meglio è».
Parole abbastanza scontate le sue, se non fosse che Dijsselboem gode, o almeno godeva sicuramente, dell’appoggio di Padoan, che fu un fedele ministro nell’esecutivo renziano.
Quale futuro per un’Europa in cui prendono campo sempre più incomprensioni, insicurezze e antipatie tra i popoli, in luogo di un disegno coerente e sostenibile di sviluppo condiviso?
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