Sono passati i tempi in cui la donna era l’Angelo del focolare domestico. E sono occorsi anni di lotte e battaglie contro i soprusi della discriminazione di genere. Eppure il mondo è assai vasto e non tutti sembrano pensarla allo stesso modo. Non la pensa così ad esempio l’Algeria, che si prepara alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento che si terranno il 4 Maggio.
Durante la campagna elettorale – apertasi a inizio aprile e attualmente in corso – sono stati pubblicati e affissi sui muri delle città manifesti elettorali alquanto discutibili. Donne senza volto o dal viso vuoto incorniciato da un velo vengono raffigurate accanto a nomi e volti dei candidati uomini. Lo scorso Lunedì 18 aprile, la commissione elettorale ha denunciato e bandito questa pratica definendola illegale. Ai partiti coinvolti – 5 in tutto – sono state date 48 ore per cambiare i “manifesti della vergogna” nei modi più dignitosi per ambo i sessi. Pena la cancellazione dalle liste.
Purtroppo quella della discriminazone di genere è una questione di più ampio respiro, tuttora radicata nella cultura e nelle tradizioni di diversi popoli. Tra questi la stessa Algeria, soprattutto nelle regioni meridionali. A confermarlo è Fatma Tirbakh, candidata del Fronte Nazionale per la Giustizia Sociale (FNJS) – di stampa nazionalista. Apparsa in diretta su Ennahar TV , seppur col volto coperto, la donna ha giustificato l’accaduto, sostenendo che, per quanto importante possa essere mostrare la sua foto per fini propagandistici ed elettorali, la pratica di coprire il volto alle donne appartiene alla mentalità del suo popolo. Ha continuato poi ammettendo che è stata la sua stessa famiglia ad insistere perché la sua immagine non venisse mostrata in televisione.
Dal 2011 l’Algeria ha introdotto la cosiddetta Legge sulle quote che prevede l’obbligo per i vari partiti in lizza, di presentare, tra i suoi candidati, un numero di donne compreso tra il 20 e il 50%. Effettivamente la Legge ha avuto un riscontro positivo, con circa il 25% in più di donne elette. L’altra faccia della medaglia propone però una visione più scettica e forse realistica della situazione:
Le quote sono è un trompe-l’oeil, un’illusione, perché sono imposte senza che le parti in causa ne siano davvero convinte. I partiti, in questo modo, fingono di promuovere la presenza delle donne nella vita politica
Così si esprime Nadia Chouitem, deputata algerina del Partito dei Lavoratori. In altri casi, come ad esempio in Egitto o in Palestina, nelle ultime campagne elettorali, le donne venivano rispettivamente identificate con un fiore al posto del viso, o senza volto e senza nome ma con la sola dicitura <<moglie di…>> <<sorella di…>> in modo da essere identificabili solo grazie alla conoscenza del loro parente uomo più prossimo.
Che la discriminaizone di genere sia ancora una grave piaga del nostro tempo non è certo una novità. Non è questo, da solo, a fare paura. Fa paura l’atteggiamento di chi, da donna, giustifica ancora tali pratiche, arrendendosi ad una mentalità bigotta e maschilista che vuole fare delle donne un mero oggetto, privandole del loro essere soggetto.
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