Netta smentita delle autorità russe sulle persecuzioni contro gli omosessuali che avverrebbero in Cecenia. A riportalo è RT – ex Russia Today – il network d’informazione spesso accusato di essere strumento della propaganda del governo.
A negare le accuse è il portavoce del presidente Vladimir Putim, Dmistri Peskov: «purtroppo o per fortuna, non sono state trovate prova dell’esistenza di questi “campi”» ha detto l’addetto stampa.
Anche il Commissario per i diritti umani, Tatiana Moskalkova, ha dichiarato di avere effettuato controlli personalmente nei luoghi dove, secondo “Novaya Gazeta”, si troverebbe la versione russa di un Guantanamo per omosessuali. L’anno scorso la nomina della Moskalkova è stata contestata per il suo passato nella polizia nonché per l’appartenenza al partito filogovernativo. In particolare è nota per avere proposto, nel corso della vicenda delle Pussy Riot, l’introduzione di un reato a tutela del buon costume che punisse chi offendesse «i beni sacri, religiosi, spirituali, culturali, storici nonchè valori morali».
La posizione delle istituzioni russe quindi si allinea con quella del – non troppo affidabile – leader paramilitare della Repubblica Cecena, Ramzàn Kadyrov, il quale ha sostenuto che i media stranieri si siano coalizzati contro la Russia senza alcuna prova, nel tentativo di mettere in cattiva luce Putin. «Da quando è uscita questa vicenda il mio nome circola su tutti i media, quindi a me sta anche bene così» ha anche aggiunto. Kadyrov era stato il primo a smentire l’esistenza delle prigioni.
Propaganda occidentale antiPutin, questa l’interpretazione maggioritaria in Russia riguardo alla notizia che ha indignato il mondo. Una storia confezionata ad hoc per sensibilizzare l’opinione pubblica, che ha circolato sui social tra articoli «con tanto di titolo accattivante e strappa click» ha tuonato RT.
In realtà Novaya Gazeta riferisce che le indagini non procedano in maniera corretta, e la stessa Moskalkova ha dichiarato di non essere in possesso dei nomi delle persone che sarebbero state arrestate o addirittura uccise. Secondo il Russian LGBT Network sono state deportate più di cento persone dall’inizio di dicembre.
Il Comitato investigativo russo ha anche avviato delle verifiche riguardo alle minacce che sarebbero state rivolte ai giornalisti di Novaya Gazeta a seguito della pubblicazione dell’inchiesta.
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