In attesa che la camera riprenda l’esame della legge elettorale, previsto per maggio, Openpolis ha analizzato le 30 proposte in discussione in commissione. Il sistema elettorale con cui abbiamo votato alle ultime politiche è stato modificato dalla corte costituzionale ottenendo una legge poco coerente, diversa per i due rami del parlamento, ma pienamente operativa.
Dopo la sentenza 35/2017, alla camera dell’italicum è rimasto un proporzionale con premio di maggioranza alla lista che raggiunge il 40% dei voti. Se nessuno arriva a quella soglia, il sistema funziona come un proporzionale puro, con sbarramento al 3%.
La competizione è solo tra liste, e non sono ammesse coalizioni. Anche se ovviamente nulla vieta a partiti diversi i presentarsi con un listone comune, a costo di rinunciare all’autonomia del proprio simbolo elettorale sulla scheda.
Per quanto riguarda la modalità di selezione degli eletti, i primi eletti di ciascun partito sono i capilista bloccati. Questi possono ancora candidarsi fino a 10 collegi diversi, ma non potranno più scegliere in quale essere eletti. I candidati che non sono capilista vengono selezionati attraverso il voto di preferenza: l’elettore può scrivere fino a due nomi di candidati della lista, purché siano di sesso differente, pena l’annullamento della seconda preferenza.
A queste regole fanno eccezione i deputati eletti nella circoscrizione estero, in Valle d’Aosta e Trentino Alto Adige. Per le due regioni a statuto speciale il sistema di elezione è uninominale maggioritario (con una quota proporzionale in Trentino Alto Adige).
La legge elettorale per l’altro ramo del parlamento è quello che rimane del cosiddetto porcellum dopo la sentenza 1/2014. Eliminato il premio di maggioranza, resta un sistema proporzionale con sbarramento. Le coalizioni tra liste diverse, a differenza della camera, sono ancora ammesse e incidono sulle soglie per entrare in parlamento.
Lo sbarramento (calcolato su base regionale) è molto alto per le liste che non si presentano in coalizione: 8% dei voti di quella regione. Per le liste coalizzate invece è sufficiente il 3%, ma la coalizione a sua volta deve aver raggiunto almeno il 20% dei voti.
Al posto delle lunghe liste bloccate del porcellum, giudicate incostituzionali, la corte ha introdotto la preferenza unica. Quindi al senato non ci sono liste né capilista bloccati, e i candidati competono per i voti nel territorio dell’intera regione.
Anche in questo caso la circoscrizione estero, la Valle d’Aosta e il Trentino Alto Adige hanno sistemi elettorali diversi dal resto d’Italia. Le due regioni sono divise in collegi uninominali maggioritari (con una quota proporzionale per il Trentino Alto Adige).
Quindi attualmente in Italia le elezioni per camera e senato sono regolate da sistemi elettorali diversi. Su quest’incoerenza è intervenuto il presidente della repubblica Sergio Mattarella, che ha chiesto alle forze politiche di di armonizzare la legge elettorale per i due rami del parlamento prima di andare a votare.
Paradossalmente, i due sistemi potrebbero produrre esiti simili nelle due camere. Ciò a condizione che:
Con questi requisiti, entrambe le camere sarebbero elette attraverso un sistema proporzionale con sbarramento al 3% (nazionale per Montecitorio, regionale per Palazzo Madama). Questa “armonizzazione di fatto” sarebbe però un effetto del tutto casuale del sistema in vigore. Né ridurrebbe in alcun modo la difficoltà di governare un sistema simile.
Inoltre, la preferenza unica regionale al senato potrebbe comportare due effetti distorsivi da non sottovalutare:
Anche per queste ragioni, è necessario che il parlamento affronti il tema, con una legge elettorale che rappresenti un punto di equilibrio tra rappresentanza e governabilità.
Sono 30 le proposte di legge elettorale all’esame della commissione affari costituzionali di Montecitorio. La scelta è davvero molto ampia: si va dai sistemi proporzionali quasi puri a quelli maggioritari, a uno o due turni. Passando per le riedizioni del Mattarellum e gli adattamenti alle decisioni della consulta. Vediamole nel dettaglio.
In attesa che il confronto arrivi nell’aula di Montecitorio, a maggio, la commissione affari costituzionali della camera sta cercando una sintesi tra le 30 proposte di legge elettorale in esame. Un compito non semplice, vista la varietà dei sistemi elettorali in discussione. D’altro canto, una tale varietà indica che non sono le soluzioni tecniche a mancare, quanto piuttosto la volontà e il consenso tra le forze politiche.
Una rapida analisi delle proposte in campo ci mostra che due di esse non delineano un sistema elettorale vero e proprio, ma semplicemente correttivi di dettaglio alla normativa in vigore. Delle restanti 28, oltre la metà (15) prevedono un sistema proporzionale con premio in seggi al vincitore. Tra queste 15, 6 assegnano il premio alla lista vincente, mentre le altre 9 ammettono la possibilità di coalizioni tra liste diverse.
Sono 9 le proposte che prevedono un sistema maggioritario in collegi uninominali. Anche in questo caso non si tratta di un insieme coeso, si va dal ritorno al Mattarellum (sistema in vigore tra il 1993 e il 2005), alla sua correzione con premi di maggioranza, fino alla proposta del doppio turno di collegio, in modo simile al modello adottato per le elezioni francesi.
Si segnalano anche 4 proposte di sistema proporzionale tout court, senza premi di maggioranza. Un dato politicamente interessante è che 3 su 4 di queste sono arrivate solo dopo la sentenza della corte costituzionale dello scorso 25 gennaio: un chiaro indicatore della spinta verso la proporzionalizzazione del nostro sistema politico.
Rispetto a questa serie di possibilità, quali sono le posizioni ufficiali dei partiti? In diversi casi le forze politiche non sembrano affatto monolitiche sul modello da adottare. Il solo Partito democratico, ad esempio, ha all’attivo 10 su 30 delle proposte sul tavolo della commissione. 4 progetti di legge hanno come primo firmatario un membro del gruppo misto, mentre sono 3 le proposte provenienti dai membri di Articolo 1-Mdp. Curiosamente però sono state tutte depositate prima che il gruppo si costituisse ufficialmente: una è stata firmata da Roberto Speranza quando era ancora membro del Pd, mentre le altre due da Alfredo D’Attore e Stefano Quaranta quando si trovavano nel gruppo di Sinistra italiana.
I gruppi con un’unica proposta all’esame della commissione sono: Sc-Ala-Maie, Ds-Cd, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega nord. A questi possiamo aggiungere anche Alternativa popolare e Movimento 5 stelle. Ap e M5s si presentano con due proposte ciascuno, ma si tratta di correzioni o modifiche rispetto alla posizione precedente, avendo come primo firmatario sempre la stessa persona (Lupi nel caso di Ap, Toninelli per i 5 stelle).
In un quadro in continua evoluzione, non è sempre immediato isolare dalle 30 proposte quelle ufficiali di ciascun partito. Abbiamo provato a mettere in fila quelle che possono essere considerate le posizioni più rappresentative per ogni gruppo, per capire i margini di possibili convergenze parlamentari per arrivare ad un testo unificato.
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Osservando la tavola sinottica, la posizioni dei gruppi possono essere divise in 4 categorie:
Il ritorno al Mattarellum, la proposta ufficiale del Pd, si regge su numeri fragili. La sua approvazione nell’aula di Montecitorio è possibile ma politicamente difficile. Anche ammettendo il voto compatto dei gruppi di Pd, Lega, Scelta civica-Ala-Maie (la cui proposta peraltro non coincide perfettamente con il Mattarellum) si arriva ad appena 317 seggi su 630. A questi potrebbero aggiungersi i voti di altri deputati firmatari di progetti di legge simili, e quelli della componente Cor. Ma al senato la soglia della maggioranza è molto più lontana: Pd e Lega insieme hanno solo 111 senatori su 320.
Se non sarà trovata una convergenza sul Mattarellum o sue varianti, l’altro modello sul tavolo è il proporzionale con premio alla lista (M5s) oppure alla coalizione (Fi, Ap, Fdi). In entrambi i casi, si otterrebbe l’armonizzazione delle leggi elettorali di camera e senato richiesta da Mattarella; ma non è detto che questo sia sufficiente ad assicurare la governabilità del sistema.
Sulla traccia di quanto stabilito dalla sentenza della consulta, infatti, il premio di maggioranza previsto da questi progetti è eventuale, condizionato al raggiungimento di una soglia quasi sempre fissata al 40%: altrimenti i seggi sono attribuiti in modo proporzionale.
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