Palermo

“IO SONO QUI”, un documentario di denuncia e testimonianze

Quasi mille persone presenti la scorsa domenica al teatro Politeama di Palermo per la presentazione del documentario “IO SONO QUI” di Gabriele Gravagna, co-fondatore del collettivo On The Road Again Pictures.

Gabriele, classe 1986, è un giovane palermitano, che come tanti è stato costretto a cambiare città per seguire le proprie aspirazioni e per realizzare i propri sogni. Il documentario, che è stato girato a Palermo e che racconta le storie di alcuni ragazzi migranti e il lavoro degli operatori dei centri di accoglienza, è nato quando Gabriele ha accettato l’invito dell’Associazione Asante Onlus. L’obiettivo era quello di raccontare il fenomeno dell’immigrazione minorile, il funzionamento di un Centro di Prima Accoglienza per minori stranieri non accompagnati e il loro processo d’integrazione nella società d’arrivo.

Abbiamo intervistato Gabriele, che ci ha raccontato e spiegato questo progetto, che ha suscitato interesse e solidarietà tra coloro i quali hanno preso parte all’evento di domenica.

DA COSA È NATA QUESTA IDEA?

L’idea è nata dall’incontro tra me e alcuni responsabili del Centro di Prima Accoglienza. Quando ci siamo conosciuti, ci siamo chiesti che cosa sarebbe successo se avessimo raccontato le storie di questi ragazzi e il funzionamento del Centro di Prima Accoglienza. Abbiamo lavorato intensamente per circa due settimane. Poi mi sono accorto che per completare il lavoro era necessario raccontare il punto di vista dei ragazzi in maniera diretta“.

La particolarità del documentario è la descrizione realistica– e non costruita- delle vite dei ragazzi protagonisti. Gabriele spiega il perché di questa scelta con un semplice dettaglio: “Abbiamo scelto di non doppiare. I ragazzi hanno raccontato le loro storie e hanno comunicato con la loro tensione e le loro emozioni“. 

Il giovane regista racconta anche il fine di questo interessante progetto, che vuole essere “un lavoro divulgativo, drammatico ma non leggero, che punti sull’emotività ma che non diventi solo denuncia”. Infatti, “IO SONO QUI” vuole essere un modello di accoglienza, in questo caso proposto dall’impeccabile lavoro dell’Associazione Asante, ma replicabile- perché no- da altri centri di accoglienza.

“PER CONTRASTARE UN PREGIUDIZIO BISOGNA SMENTIRLO”

L’idea è quella di denunciare gli aspetti drammatici e inaccettabili, ma al tempo stesso dare una collocazione a livello sociale a queste persone, non concentrandosi soltanto sulla drammaticità del viaggio.

Il nostro è un approccio realistico e positivo nei confronti di una realtà drammatica, che purtroppo esiste. A livello mediatico è molto importante denunciare, ma ritengo che dobbiamo prestare attenzione ad altri aspetti. Se la gente continua a percepire il fenomeno dell’immigrazione come un disagio, non riusciremo mai a contrastare l’odio e altri sistemi di pensiero che non portano all’interazione. Per contrastare un pregiudizio bisogna smentirlo e questo documentario smentisce un grande pregiudizio.

Come già detto, il documentario racconta storie vere. I tre protagonisti principali, Omar, Magassouba e Dine, hanno catturato l’attenzione di tutti i presenti. Gabriele, che ha lavorato con loro sul campo, ce li racconta ancora un po’:

Sono eccezionali. Detto da loro, attraverso le interviste realizzate hanno avuto la possibilità di liberarsi da un peso, scoprendo la necessità di raccontarsi e di condividere queste storie. Ora vanno in giro per le scuole, raccontando il loro viaggio e questo diviene terapeutico per loro e utile per la società“.

il documentario racconta anche la storia della famiglia Pericolo, che ha accolto in casa propria Omar, uno dei tre ragazzi protagonisti. Il regista racconta il proprio incontro con questa famiglia:

Dalla mia esperienza vedo più integrazione e condivisione nei quartieri del popolo. È lì che la gente sembra accettare di più lo straniero; forse perché lavorano insieme, condividono lavori precari insieme e la famiglia Pericolo, così come ha aperto le porte a Omar le ha aperte a noi!

“UN PALERMITANO CHE ELOGIA UN ALTRO PALERMITANO”

E, infine, conclude con un importante messaggio:

Sono stato felice di aver visto il teatro pieno di persone e non l’avrei mai detto. È tempo di parlare di questo argomento e dovrebbe essere presa in considerazione ogni storia di accoglienza. L’immagine più bella che mi rimarrà è di Omar che dopo aver preso la parola, chiede immediatamente un applauso per la famiglia Pericolo e la gente in piedi che applaude. È un migrante che dice a un palermitano di elogiare un altro palermitano. E altrettanto bello è stato poter vedere il lavoro appassionato di giovani professionisti italiani all’interno dei centri di accoglienza

 

Redazione

Redazione Moralizzatore

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