Cesena, mangia sushi e poi muore. Indagato il titolare del locale
Khadija si sente male la sera del 16 aprile. La sera di Pasqua. Una giornata comunque di riposo per lei, il marito e il figlio di 5 anni, famiglia musulmana originaria del Marocco. La donna, 33 anni, è a passeggio per Gatteo, dove abita, dopo aver mangiato sushi per cena, in un locale dell’area dell’Iper di Savignano. Dove già il marito aveva accusato un malore; dopo aver vomitato, l’uomo si era ripreso.
Non così la moglie. «Mi manca il respiro» sussurra lei al marito una volta a casa. L’uomo allerta il 118 e pensa a un attacco un po’ più intenso di asma, patologia di cui la donna soffre. Lei però sta sempre più male. Viene ricoverata al Bufalini. Il referto parla di «crisi respiratoria acuta». Khadija cade in coma cerebrale. Non si risveglierà più: Khadija Oushi muore il 21.
Il giorno stesso il marito – assistito dall’avvocato Angelo Pisarro, del foro di Castrovillari, con studio a Bologna – va dai carabinieri. Fa denuncia, primo atto di un’inchiesta ora in mano al pm Laura Brunelli della procura di Forlì, che ha indagato il gestore del locale dove la donna cenò la sera di Pasqua, un cinese di 37 anni. L’accusa è omicidio colposo. Già eseguita l’autopsia, firmata dal medico legale Donatella Fedeli. Tutta l’inchiesta ruota intorno all’esito dell’esame, che arriverà tra 60 giorni.
Determinante sarà riuscire a scoprire un ipotetico nesso causale tra il cibo ingerito e la morte della donna, che potrebbe in realtà essere deceduta per una «causa biologica» scollegata dalle sostanze ingerite quella sera. Di certo la 33enne non soffriva di intolleranze alimentari clinicamente acclarate. Per poter giungere a un accertamento giudiziario dei fatti più completo possibile, il pm Brunelli ha attivato anche i carabinieri dei Nas di Bologna, che hanno perquisito il locale e requisito diversi reperti. L’obiettivo è cercare potenziali ingredienti o avariati o non correttamente conservati che potrebbero avere innescato il malore a Khadija.