Giuseppe Dainotti, 67 anni, capomafia scarcerato nel 2014, è stato ucciso a colpi di pistola, in strada, a Palermo. Sarebbe stato affiancato da due killer, forse in moto, che gli avrebbero sparato in testa. La vittima era in bici, in via D’Ossuna, nel quartiere Zisa. A chiamare la polizia sono stati alcuni residenti della zona che hanno sentito i colpi di arma da fuoco.
“Ho sentito due colpi d’arma da fuoco. Erano le 7:50. Erano da pochissimo usciti i miei figli. Mi sembravano fuochi d’artificio. Qui si sparano sempre i fuochi d’artificio a qualunque ora. Mi sono affacciata e ho visto un uomo a terra che perdeva sangue dalla testa. In strada non c’era nessuno”, dice una donna tunisina che abita in via D’Ossuna.
A pochi mesi dalla sua scarcerazione, avvenuta nel 2014 per espiazione pena, il boss Giuseppe Dainotti, assassinato a colpi di pistola oggi a Palermo, era già nel mirino dei suoi nemici interni a Cosa nostra. Il fermo di chi lo aveva condannato a morte scongiurò il suo omicidio. Dal carcere, il boss Giovanni Di Giacomo, con cui Dainotti gestiva negli anni ’90 traffici di droga, aveva dato l’ordine al fratello Giuseppe Di Giacomo, ucciso poi a marzo del 2014, di eliminare alcuni esponenti mafiosi che si stavano organizzando per assumere il comando del mandamento. Tra le vittime designate anche Dainotti.
Fibrillazioni interne alla cosca accese dall’arresto del padrino di Porta Nuova Alessandro D’Ambrogio. Imputato al maxiprocesso, una sfilza lunghissima di condanne per mafia, omicidio, favoreggiamento, rapina, droga, Dainotti era uno dei fedelissimi del capomafia Salvatore Cancemi, poi passato tra i ranghi dei collaboratori di giustizia.
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