Secondo la ricerca le e-cig possono causare tumori, invecchiamento cellulare e malattie degenerative perché provocano la diminuzione della capacità antiossidante del tessuto polmonare e l’aumento della produzione di radicali liberi. Non basta, perché l’esposizione alle sigarette elettroniche porta ad un aumento significativo dei livelli di colesterolo e degli acidi grassi saturi a cui è associato un importante fattore di rischio per le patologie cardiovascolari. L’assenza di combustione non eviterebbe la produzione di sostanze tossiche come acroleina, formaldeide e acetaldeide.
Una conclusione netta, quella dell’indagine tossicologica guidata dal Dipartimento di Farmacia e Biotecnologie dell’Università di Bologna e recentemente pubblicata su Scientific Reports-Nature: se confermata, deluderebbe la convinzione di chi è passato alla “bionda elettronica”, ritenendola meno dannosa.
Tuttavia alcune perplessità sono emerse riguardo ai metodi utilizzati: il liquido sarebbe stato riscaldato a condizioni diverse dal normale utilizzo delle e-cig, ma non finisce qui: tre dei ricercatori, tra cui il coordinatore e la prima ricercatrice del progetto, sono stati in passato finanziati da Philip Morris, la famosa multinazionale produttrice di tabacco. (Qui link dove si ringrazia Philip Morris per il supporto alla ricerca)
Se si spulcia ulteriormente tra le partnership dell’università di Bologna notiamo proprio… Philip Morris, con la quale l’università l’università regolarmente organizza tirocini e percorsi di orientamento per gli studenti. In particolare a maggio si è tenuta una serie di incontri con accademici, executive, imprenditori e top manager su innovazione, robotica, salute e sanità, finanziati sempre da Philip Morris.
I legami di Philip Morris con Bologna e l’Emilia-Romagna sono fortissimi: a due passi dal capoluogo emiliano si trova il più grande stabilimento d’Italia della Philip Morris, dedicato a soddisfare la produzione mondiale indovinate di cosa? Di Iqos, il vaporizzatore di tabacco prodotto proprio dalla Philip Morris nonché principale concorrente della sigaretta elettronica, lanciato sul mercato alla fine dello scorso anno come rivoluzionaria alternativa salutare alla sigaretta tradizionale.
All’interno dello stabilimento di Crespellano (Bo), grande quanto quaranta campi da calcio, avviene la produzione dei vaporizzatori e la lavorazione del tabacco dedicato, che ovviamente produce esclusivamente Philip Morris. Lo stabilimento soddisfa la produzione mondiale arrivando a produrre, secondo il sito della multinazionale, fino a 30 miliardi di dispositivi all’anno.
Bologna non è stata scelta casualmente per questo investimento: dal 1963 è presente in provincia Intertaba Spa, affiliata di Philip Morris e incaricata della produzione dei filtri delle sigarette. Anche questa società si trova in partnership con Unibo, ma dall’avvio del nuovo progetto le è stato cambiato nome in “Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna Spa” assegnandole un rilievo strategico mondiale.
Molti elementi quindi – oltre a quelli tecnici, relativi al voltaggio utilizzato nei test- lasciano il sospetto di una ricerca non del tutto indipendente e vi assicuriamo che, ironicamente, il dispositivo IqoS è anche molto diffuso a tra il personale dell’ateneo bolognese, oltre ad avere un discreto successo in città. Non è difficile imbattersi in passanti che “tirano” da questo oggettino: piccolo e simile ad una penna, trasforma il tabacco in vapore. Le vie dell’industria del tabacco sono infinite dunque e lo scontro d’opinione svapatori e tabagisti è destinato a fare scintille.
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