Alberto Cisterna è un magistrato, per la precisione l’ex numero due della Direzione nazionale antimafia (Dna). Cisterna, che era stato uno dei collaboratori più stretti dell’attuale presidente del Senato, Pietro Grasso, è stato condannato per alcune lezioni tenute all’Università Mediterranea nell’anno accademico 2009-2010. Secondo l’accusa le lezioni sarebbero state falsamente attestate al magistrato in periodi in cui invece si sarebbe trovato fuori città.
Dalle analisi delle conversazioni telefoniche che sono state effettuate nel corso delle indagini, la magistratura di Reggio durante il processo ha potuto provare che Cisterna in alcune occasioni era molto lontano da dove si sarebbe invece dovuto trovare
A incastrare il magistrato diverse prove, fra cui registrazioni effettuate dagli studenti durante le lezioni. E ancora, spesso le lezioni di procedura penale sarebbero state tenute da “una giovane assistente, anche lei indagata in un altro procedimento“.
“La condanna di un magistrato della Repubblica Italiana è sempre una notizia. Lo è ancor di più, però, se non si parla di un magistrato qualunque, ma di un togato che, prima di essere travolto dallo scandalo, aveva una carriera slanciatissima“, aveva giustamente scritto il giornalista Claudio Cordova, commentando la condanna per il reato di falso commesso da Alberto Cisterna.
Ma il “curriculum” di Cisterna dice anche altro. Infatti, il magistrato era stato indagato per corruzione in atti giudiziari grazie dichiarazioni del collaboratore di giustizia Nino Lo Giudice. Poi, per via di questo processo, Cisterna era stato trasferito al tribunale di Tivoli, dove ha svolto la funzione di giudice.
Purtroppo, come (non dovrebbe) accade(re), i riflettori su questa vicenda si sono spenti e la stampa nazionale non ha attribuito particolare importanza allo spiacevolissimo episodio, pur trattandosi non di uno qualunque, ma di un uomo che ha combattuto la mafia, che ha giudicato e che pertanto dovrebbe essere giusto.
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