Uno dei disagi vissuti con maggiore intensità da coloro che decidono di approcciarsi allo studio di un argomento in ambito scientifico, andando quindi oltre la sfera della “curiosità” o della semplice “informazione”, deriva spesso dalla complessità gratuita e forzata attraverso cui molti esperti, studiosi o accademici scelgono di trattare gli argomenti, riempendo i loro saggi di lunghi periodi e sfarzosi aggettivi, forse perché intenti a competere con dei modelli di professionalità di settore che rischiano, però, di allontanare l’attenzione dell’autore dall’obiettivo principale: farsi comprendere.
Vincenzo Cuomo è un insegnante di filosofia, ha pubblicato diversi articoli e saggi, l’ultimo, di recente pubblicazione, si intitola Una cartografia della tecno-arte (Cronopio). In questo libro, Cuomo dona nuova speranza alla categoria di lettori citata prima, perché, come si evince sin dalle prime righe, è la chiarezza a dominare il suo stile e le sue scelte espressive. L’autore non si impelaga in superflue matasse di concetti o in sedicenti originali definizioni, da presentare come un nuovo, fondamentale volume destinato ad essere un’appendice del libro sacro dell’estetica, ma si rivolge al suo lettore con la trasparenza che solo un bravo docente può utilizzare con tanta ed appassionata cura.
Una cartografia della tecno-arte è un compendio di estetica mediale, ovvero quella branca della disciplina che si concentra sui media e su come essi interagiscono con i nostri canoni estetici e, quindi, con la stessa dimensione artistica che, in proporzioni e modi differenti, non può mai prescindere dai primi. Cuomo mette in relazione gli studi e le teorie di eminenti studiosi come Cristoph Türcke, Peter Sloterdijk, Thomas Macho con le trasformazioni in ambito tecnico e scientifico che hanno caratterizzato gli ultimi anni. Da questa analisi scaturisce una profonda riflessione di sapore etico che si concentra sulle conseguenze reali di questi cambiamenti, riscontrabili nell’immediato non soltanto nei cosiddetti “nativi digitali”, ma anche negli adulti.
L’autore suggerisce così al lettore un punto di vista prezioso ed utile nel senso più profondo della parola su temi di grande attualità che inevitabilmente coinvolgono tutti coloro che vivono questo tempo, a prescindere dagli interessi o dalle competenze in ambito estetico o filosofico.
Una delle riflessioni più importanti riguarda l’apatia che sembra aver contagiato i nostri contemporanei, rafforzando così notevolmente, soprattutto nei giovani, quel nichilismo che denunciava già Nietzsche alla fine dell’Ottocento.
Ma Cuomo non si limita certo a denunciare i limiti o i pericoli di questo tempo. L’autore, infatti, ricorrendo abilmente alle sue preziose intuizioni in ambito estetico, riconosce ed offre una soluzione: l’arte, che, attraverso la fondamentale dimensione della sperimentazione, rende nitidi e sensati alcuni tratti di questa realtà nebulosa ed opaca, precipitata in un abisso di repentini ed irrazionali cambiamenti. Questo vuoto, che l’autore descrive con cura, è immediatamente riconoscibile anche per il lettore più inesperto, e la soluzione per colmarlo, forse, si può trovare in questa stessa consapevolezza: nell’accettare che tutti, in modi diversi, partecipano a questo abisso, rinnovandolo costantemente.
Nei vari capitoli Cuomo affronta numerosi altri argomenti, che però non approfondisco in questa sede, invitando così il lettore ad assolvere questo compito. Mi limito, però, a sottolineare che tutti i tasselli di questo mosaico sono accomunati dall’essere attuali ed immediatamente riconoscibili dal lettore che, attraverso di essi, trova occasione di conoscere e valutare altri strumenti per affrontare il proprio tempo, partendo da un nuovo modo di intendere e dialogare con se stesso.
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