You Have Nothing. The square, uno spazio di riflessione

Cosa fa di un’opera d’arte, un’opera d’arte ?

Cosa determina un limite alla libertà di espressione ?

E chi può porre un limite a questa libertà?

Ma ancora, l’uomo, la società come si pongono rispetto all’arte? Meglio, l’arte e il suo essere prodotto assolutamente borghese e “superfluo”, come possono coesistere in una società che deve convivere con emarginazione e povertà?

La comunicazione nell’era della comunicazione digitale, dove trova il suo limite, la sua inutilità e dove è ancora uno strumento di divulgazione, di arricchimento e quindi non strumento fine a se stesso o mezzo venduto alla tanto decantata “viralità” ?

Ma si va molto oltre. Come l’altro, nella sua umanità, spesso disastrata, si impone sull’indifferenza, tutta contemporanea, di noi uomini internet-connessi che soffriamo il disaggio dello sguardo dell’altro a pochi metri da noi, della sua richiesta di aiuto, ma siamo in empatia con l’altra parte del mondo con dei click?

The Square, film vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes 2017, è proprio questa collazione di tracce di riflessione, dall’arte verso tutto il resto, si direbbe un percorso dall’estetica all’etica senza via di ritorno; il tutto a tempo di humor nordico, esilarante e geniale a tratti, lento come la transiberiana in altri. Una regia che punta non a creare empatia ma fastidio, tutto fuor che una dimensione di conforto. Così tutto contribuisce, gli sbalzi di volume, dalle variazioni dell’Ave Maria al rumore più fastidioso, tutto è velocità e lentezza quasi irritante. Distanze, campi lunghissimi, tempi morti, verbosità, sono alcune delle frecce all’arco di Ruben Östlund. La sua diventa una sonata grottesca con trovate, solo a volte illuminanti. Scimmie in salotto, artisti ferini che passano il limite e sindromi di tourette piazzate al momento opportuno.

Però, già, aleggia un gigantesco però sopra tutto questo luccichio di genialità. Quanto basta, si badi bene, per vincere la critica, e i festival giusti. Ma è davanti agli occhi di tutti un pò di serpeggiante morale, uno sguardo che cerca l’assurdo e il non-sense a tutti i costi per ricamare forse troppo didascalicamente sul contrasto tra i due mondi. Quello dorato e quello reale, troppo reale.

Ora il punto è che The Square, il film, finisce per essere un’opera d’arte, con tutta l’impotenza che ne consegue. Come quei mucchietti di cenere vigilati da una statuaria signora, all’ombra della scritta “You Have Nothing”. Monito interessante e forse fil Rouge e vero messaggio del film. “Attento uomo individuale!, non hai nulla, tutto questo non è reale”. Il reale sta fuori da questo museo, fuori da questo quadrato magico dove esplodono bambine, vittime di enfant prodige del web marketing. La piazza quella vera è la realtà, che avvolge l’opera d’arte stessa. Questo lo stato reale delle cose.

La realtà è l’incontrollabile e disumano fastidio verso l’altro; impresentabile, dis-umano, nostro gemello in questa terra ingiusta. Non c’è redenzione, non c’è conclusione, non c’è strategia. C’è solo un’ostentata provocazione. Come molta arte contemporanea. Che si tratti di un suicidio artistico, un sacrifico per creare un vaccino, che si sa è composto sempre dallo stesso veleno che vuole curare. Chissà. Da pensare, il gelido film del regista svedese, ne lascia parecchio. E questo è quanto basta per consigliarne la visione con le conseguenti riflessioni.