Il primo giorno della manifestazione, vede una passerella di politici e cariche istituzionali che nemmeno al Carnevale di Viareggio.
L’inaugurazione presso l’auditorium di Verona Fiere si conclude con il discorso della presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati avvolta in un delicatissimo bolero trapuntato lamé.
Qui c’è l’Italia migliore, che lavora, che innova, che riesce a coniugare il lavoro nei campi con l’innovazione tecnologica e le nuove frontiere del commercio digitale […] brindo con un simbolico calice di prosecco, a questa nuova edizione del Vinitaly .
Sarà stato il brindisi propiziatorio del capo del senato, ma di lì a poco, arriva Giorgia Meloni che esordisce:
È importante essere qui, siamo tutti qui. Chissà se tra un bicchiere di vino e l’altro non si riesca a far cadere qualche veto.
Insomma, la situazione potrebbe anche volgere ad una soluzione, secondo la leader di Fratelli d’Italia, anche correndo il rischio di formare il governo nel corso di un baccanale.
Nel delirio fieristico, m’imbatto per caso nello Stand dei vini Vespa, dove campeggia la faccia a pois del buon Bruno.
Anche il giornalista, sommelier per passione, s’è dato alla viticoltura.
L’idea di una sosta per degustare i suoi vini mi sfiora, ma la paura di portarmi dietro un plastico scala 1:10 della fiera, mi fa desistere.
Tutto però torna; sembra quasi di essere a “Porta a porta”.
Alle ore 10:30 infatti, arriva puntuale e con la camicia ben stirata il buon Matteo Salvini, che sgombra il campo da ogni dubbio sulle capacità domestiche della Isoardi e sul fatto che la fiera del vino possa essere un momento d’incontro sulle delicate strategie politiche per la formazione di un nuovo governo.
Nessun incontro fieristico al momento né “Patto dell’Amarone.
La delusione è tanta, ma Salvini promette:
Resterò fino alle 17:30 e farò visita anche al Molise.
Qui il Molise ci resta malissimo e rimpiange il suo anonimato. Di Maio arriverà più tardi -dicono- verso le 13:30, dicono.
Ma è ancora presto ed al Vinitaly le sorprese non finiscono mai. Nel frattempo, la fiera fortunatamente prosegue ed al Palaexpo alle ore 11:00 si tiene una mastercalss dal titolo “Discover the world of Sicilia DOC”, dedicata ai vini della D.o.c Sicilia.
L’incontro, svoltosi alla presenza del Presidente della Doc Sicilia Antonio Rallo e di importanti produttori siciliani, è condotto da Kerin O’Keefe, scrittrice enologica americana ed Italian editor del magazine Wine Entusiast.
Una che di vino ne capisce quanto io non arriverò mai in tre vite, esperta ed appassionata di vini italiani. Non resisto e mi faccio un selfie con la mia beniamina.
Sostenitrice dei vitigni autoctoni, Kerin ha portato avanti con indiscussa competenza e rara forza persuasiva l’idea che impiegare vitigni autoctoni sia un elemento fondamentale per la qualità dei vini, per tutelate e rafforzare l’identità territoriale delle zone di produzione.
Quest’anno la fatina madre dei vitigni autoctoni ha puntato gli occhi sulla Sicilia in quanto territorio e sopratutto denominazione. Perché Sicilia Doc dice la bella Kerin
Non solo è l’unica doc che rappresenta tutta una regione, ma sopratutto si fa interprete del variegato panorama enologico siciliano, promuovendo e tutelando il crescente trend al consumo dei vini. In America, così come nel resto del mondo, l’impiego dei vitigni autoctoni e la crescente qualità che Sicilia doc tutela e promuove, sta ripagando i produttori con un successo straordinario.
Il secondo round della fiera, si apre con l’arrivo del leader pentastellato, accolto da cori da stadio.
Anche Di Maio, come il buon Salvini, dichiara che al Vinitaly non c’è spazio per un incontro, tantomeno per un accordo.
Dichiara infatti:
Siamo di fronte ad un centrodestra che non esiste, una strada non percorribile per l’ipotesi di un governo […]mi affido al senso pratico di tutti: L’ipotesi del governo di cambiamento la proponiamo anche al Pd, voglio fare un appello al senso pratico di tutti, non ci si può fermare e bloccarsi sulle logiche politiche.
Ok, ok, abbiamo capito.
Nel frattempo Salvini continua il suo bagno di folla e di vino, come dimostrano le sue parole. infatti, alla domanda su quale vino offrirebbe a Di Maio, Matteo risponde: «Gli offrirei un Sforzato perché si deve sforzare a fare qualcosa di più». Tristezza.
Tocchiamo poi il fondo quando gli viene chiesto quale vino offrirebbe a Berlusconi: «offrirei una Fanta. Non è buona ma è tanta». Può ripetere scusi? Oppure no, guardi, lasci stare.
Ci sono ancora migliaia di vini da assaggiare grazie a Dio.
Tante bottiglie da mandare giù per provare a dimenticare che siamo messi malissimo, in mano a burattinai deliranti e stupidamente arroccati su principi che hanno sempre di più il profumo del bieco interesse fine a se stesso.
Tutti si sono affannati nel dire che al salone internazionale del vino, non c’era spazio per la politica.
Tutti però sembravano in piena delirante campagna elettorale ed oggi al Vinitaly, sembrava proprio di assistere ad una delle ultime agghiaccianti sedute del Parlamento.
E se la politica italiana è ormai palesemente roba da circo, il vino resta ancora un affare serissimo, lasciatelo fuori dalle beghe condominiali di Palazzo Chigi.
E sopratutto: GIU’LE MANI DALLO SFORZATO!
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