Quel pasticciaccio brutto del caso Almasri e del suo rilascio, pone l’Italia in una situazione complessa a livello internazionale.
Secondo la Corte Penale Internazionale il libico Almasri è un criminale di guerra da portare a giudizio. Le accuse riguardano i crimini di guerra di trattamento inumano, tortura, stupro e omicidio, nonché i crimini contro l’umanità di reclusione, tortura, stupro, omicidio e persecuzione.
Viene fermato Sabato 18 Gennaio a Torino per assistere al match Juventus-Milan, mentre è in auto con altri tre libici. In una nota del 22 la CPI, scrive che sabato “ha presentato una richiesta di arresto dell’indagato a sei Stati parte, tra cui la Repubblica italiana“.
Per questo motivo domenica la Digos di Torino raggiunge Almasri nel suo albergo, lo arresta portandolo nel carcere delle Vallette.
Quello che l’Italia doveva fare è disciplinato dalla legge. 237 del 20 dicembre 2012 al fine di collaborare con la CPI.
A questo punto non ci sarebbero dovuti essere intoppi, perché la procedura è semplice. A quanto pare un errore procedurale commesso dalla questura di Torino ha causato il rimpatrio del criminale. L’ordinanza della Corte d’Appello di Roma ha infatti stabilito che gli agenti non avevano il potere di procedere autonomamente al fermo.
Infatti per i mandati della Corte penale internazionale è necessario il passaggio preliminare attraverso il ministero della Giustizia, anche se la giurisprudenza non concorda su questo e dice che la CPI è sufficiente a bypassare il ministero. Gli atti, dicono, giungono a Nordio solamente lunedì.
Il silenzio di Nordio alle richieste di Torino sono un mistero. “Ministro interessato… in data 20 gennaio, immediatamente dopo aver ricevuto gli atti dalla Questura di Torino, e che, ad oggi, non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito“, è scritto nel parere che il procuratore invierà alla Corte d’appello il 21.
Quindi, Martedì un jet decolla da Roma e la Procura chiede la scarcerazione di Almasri. Il Falcon 900 della presidenza del Consiglio parte alle 10.14 e un’ora dopo è a Torino, dove attenderà per sette ore prima di decollare. Il Ministero della Giustizia ha 7 ore per dare ancora una convalida. Passaggio che non è mai avvenuto, costringendo la Corte d’appello a ordinare il rilascio del detenuto. L’uomo è stato quindi espulso dall’Italia ed è già rientrato in Libia. Coordinazione tra gli apparati giudiziari pari a zero.
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