America e dazi - Freepik - Moralizzatore.it
La storia americana insegna che ricorrere alla morsa dei dazi non è assolutamente una buona risorsa per l’economia globale.
Se si cerca nei meandri della storia americana, nel 1913, il presidente democratico Wilson abbassò i dazi e introdusse un’imposta sul reddito per compensare la perdita di gettito.
Tuttavia nel 1922 il Congresso tornò ad alzare i dazi, superando i livelli precedenti. Il picco del protezionismo statunitense fu raggiunto nel 1930 con l’approvazione di un provvedimento volto a sostenere i prezzi agricoli: i dazi arrivarono in media al 40 per cento del valore dei beni importati.
Gli altri Paesi reagirono imponendo barriere simili sui prodotti americani. Il risultato fu un crollo del commercio globale. Sia l’import che l’export statunitensi crollarono miserabilmente.
Nel 1934, questo disastro spinse il presidente Roosevelt a riconsiderare la politica fiscale. A quel punto gli Stati Uniti iniziarono a negoziare accordi per abbassare i dazi e aprire il proprio mercato in cambio dell’accesso a quelli stranieri.
Il Tycoon aveva previsto per il mondo un cambiamento radicale nella politica commerciale degli Stati Uniti. Questo annuncio ha scatenato una reazione immediata e ha dato inizio a una vera e propria guerra commerciale.
Oggi il Presidente ha tranquillamente detto «Incassiamo 2 miliardi al giorno. Presto saremo nuovamente molto ricchi».
La politica dei dazi di Trump, può essere pericolosa per l’economia per vari motivi. In primis l’aumento dei costi per i consumatori. Questa scelta farà salire i prezzi dei beni importati. Questo porta a una riduzione del potere d’acquisto delle famiglie, con possibili effetti negativi sul consumo e sulla crescita economica. Le reazioni da parte dei paesi colpiti non sono prevedibili. Infatti potrebbero rispondere con altre tariffe su beni americani. Il tutto conduce a un circolo vizioso che può danneggiare esportazioni e filiere produttive, compromettendo l’accesso a mercati esteri.
Le tariffe sui beni importati possono costringere le aziende a rivedere le proprie catene di approvvigionamento, rallentando la produzione e aumentando i costi per le imprese. Le aziende potrebbero anche trasferire la produzione in altri paesi, con potenziali effetti negativi sull’occupazione. Quindi si creerebbe una totale incertezza su tutto il mercato globale, con un impatto grave a livello economico. Impoverendo gli stati e tutte le filiere produttive con un effetto domino disastroso. L’instabilità economica mondiale diventerebbe uno dei problemi più difficili da affrontare per tutti i leader mondiali.
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