RISTORANTI IN CRISI per colpa del Nuovo Codice della Strada, vietata la vendita di alcol | Le cantine saranno solo per esposizione

Il settore della ristorazione si trova ad affrontare una delle sue sfide più dure. Sulla tavola degli italiani, insieme ai piatti resterà solo l’acqua.
Un vero e proprio cambiamento nella ristorazione italiana, con l’entrata in vigore del Nuovo Codice della Strada.
La mancata vendita di alcolici nei ristoranti e nei locali pubblici fa si che i titolari si ritrovino a fronteggiare una situazione difficile.
Le cantine, un tempo fiore all’occhiello dell’ospitalità tricolore, resteranno ora solo elementi decorativi, vuoti testimoni di una tradizione messa al bando.
La norma, pensata per ridurre drasticamente gli incidenti stradali legati all’abuso di alcol, porta i locali alla somministrazione di cibi e bevande senza prodotti alcolici.
Niente più alcol
A prescindere dal grado alcolico, la situazione è molto grave. Nemmeno un semplice bicchiere di vino o una birra leggera potranno più accompagnare i pasti. Una decisione drastica che sta facendo discutere non solo i ristoratori, ma anche enologi, produttori vitivinicoli e semplici appassionati di buona tavola.
È un colpo mortale per l’intero settore, dal momento che la cultura enogastronomica italiana si fonda sull’abbinamento tra cibo e vino. Togliere il vino dalla tavola equivale a stravolgere di certo un’identità. In pratica, bottiglie pregiate, annate storiche e selezioni regionali potranno essere mostrate agli avventori come parte dell’arredo o della storia del locale. Il nostro export resiste, ma il consumo interno rischia il tracollo.
Nuova frontiera senza alcol
Nicole Klauß propone una riflessione rivoluzionaria nel suo libro Gradazione zero. L’autrice invita a riconsiderare uno dei capisaldi della cultura culinaria: l’abbinamento tra cibo e bevande non deve necessariamente passare dall’alcol. Il vero protagonista, sostiene Klauß, è il bilanciamento dei sapori. Se rinunciare al glutine, scegliere una dieta vegana o ridurre lo zucchero sono ormai scelte ampiamente accettate, la decisione di non consumare alcol viene ancora vista con sospetto o come una rinuncia forzata. Klauß sfida questa percezione culturale, sottolineando come il consumo di alcol abbia radici antiche e profonde, soprattutto nella tradizione europea e proprio queste radici rendono urgente proporre alternative che non obblighino chi non beve a sentirsi escluso o “diverso”.
Negli ultimi anni si sono affermati movimenti come il sober movement e la quit lit, che raccontano l’esperienza positiva di chi ha scelto di abbandonare l’alcol. Sempre più persone, spesso di successo e altamente istruite, scelgono di vivere sobri senza che ciò rappresenti una perdita di qualità della vita sociale o gastronomica. Questo cambiamento di narrativa sta aprendo spazi nuovi, anche nel mondo della ristorazione. Tè pregiati, succhi naturali, kombucha artigianali, gazzose sofisticate possono offrire un’esperienza gustativa ricca quanto un buon bicchiere di vino. Nei ristoranti stellati, la stessa cura e attenzione riservate alla carta dei vini potrebbero (e dovrebbero) essere dedicate anche alle bevande analcoliche. Il pairing non riguarda la presenza di alcol, ma l’armonia e l’esaltazione dei sapori. L’obiettivo, chiarisce Klauß, non è demonizzare il vino o altre bevande alcoliche, ma ampliare l’offerta. Offrire scelte di alta qualità anche per chi, per motivi di salute, religiosi, etici o personali, preferisce evitare l’alcol. Una vera cultura dell’ospitalità dovrebbe saper accogliere tutti, senza costringere nessuno a “giustificarsi” per ciò che sceglie di bere.