Cassazione nuova sentenza: potrai essere licenziato sui social network con questo trucco, non cascarci | Ti salvi solo creando profili fake
La Cassazione ha recentemente dato conferma di un licenziamento legittimo del dipendente: il datore di lavoro l’ha ingannato sui social.
Negli ultimi anni, i social network sono diventati una vetrina digitale delle nostre vite, un luogo in cui condividiamo momenti e pensieri come fossero una seconda pelle. Ma questo spazio apparentemente privato, in realtà, offre a occhi indiscreti un facile accesso. E in un caso recente, questi ‘occhi’ appartenevano al datore di lavoro.
Con un sorprendente verdetto, la Cassazione ha confermato la legittimità di un licenziamento basato su informazioni raccolte tramite un profilo falso creato appositamente per osservare un dipendente e i suoi movimenti.
E se da una parte, la creazione di profili fake ingannevoli può portare all’accusa di reati come frode, diffamazione, cyberbullismo, sostituzione di persona, quando di mezzo c’è lo scopo di un datore di lavoro, questo atteggiamento può rivelarsi legittimo.
Il datore di lavoro crea un profilo fake e licenzia il dipendente: la vicenda
Nella vicenda in questione, il dipendente era già noto per essere recidivo nell’allontanarsi dalla postazione di lavoro senza permesso, contravvenendo alle regole aziendali. Il datore di lavoro, che aveva già avuto modo di constatare comportamenti sospetti di assenteismo, per ottenere prove definitive ha deciso di monitorare il lavoratore usando un metodo che ha poi sollevato numerose questioni etiche e legali.
Lo stesso ha creato un profilo fake, scegliendo l’immagine di una ragazza attraente per attirare l’attenzione del dipendente e avviare un’interazione. Questa finta identità femminile non solo ha permesso di ottenere l’amicizia social del lavoratore, ma ha anche facilitato la conversazione, ottenendo in breve tempo risposte che dimostravano l’uso del telefono durante l’orario di lavoro.
L’azienda aveva inserito nel contratto del dipendente una clausola specifica sul divieto di utilizzo del telefono cellulare, eccetto per urgenze personali. Questo punto era stato chiaramente stabilito per motivi di sicurezza e produttività.
La sentenza della Cassazione: una linea di confine sottile
La Cassazione, analizzando la situazione, ha confermato che il controllo del datore di lavoro era legittimo, dal momento che non si trattava di un controllo continuativo, ma di una verifica specifica e mirata ai fini di raccogliere prove su comportamenti recidivi e potenzialmente dannosi per l’ambiente di lavoro.
La sentenza ha fissato un precedente significativo, ribadendo che un datore di lavoro può impiegare mezzi ‘difensivi’ per verificare comportamenti illeciti, anche tramite un profilo fake, purché non si trasformi in un mezzo di sorveglianza continua o invasiva. In questo contesto, il profilo falso si è rivelato uno strumento valido per smascherare violazioni alle regole aziendali. Tuttavia, la legittimità di questa pratica dipende dal rispetto dei diritti del dipendente e dall’aderenza a controlli mirati, ma non invasivi.