Carta di identità, ditele tutti insieme addio: da oggi non vi serve più un nome | La Cassazione si è pronunciata

Carta di identità, ditele tutti insieme addio: da oggi non avete più un nome
Carta di identità – moralizzatore.it

È ufficiale: possiamo smettere di presentarci. Secondo una sentenza della Corte di Cassazione, da oggi il nome non è più necessario ai fini identificativi.

In parole povere? Il tuo nome non serve. Puoi tranquillamente essere qualsiasi cosa, ma non comparirà più la voce.

La decisione, che sta già facendo discutere anagrafi, uffici pubblici e stampatori di documenti, nasce da un ricorso abbastanza strano ma vero.

Il nome è un’etichetta imposta da sempre, ma c’è una continua evoluzione a cui bisogna far capo, a quanto parrebbe dalle ultime decisioni.

La Cassazione ha sorpreso tutti accogliendo il ricorso e dichiarando che l’identità personale può essere provata con altri elementi, non necessariamente quelli ordinari.

Un Paese senza nomi: l’inizio di una nuova era?

Immediata la reazione dei cittadini, che hanno già manifestato le loro opinioni al riguardo, tra cui alcune anche molto severe e in contrasto con il nuovo provvedimento, giustificando la loro posizione con la tesi che tali misure non sono volte a risolvere problemi più seri alla base. Ciò che crea il presupposto, cioè, per una tale decisione.

Per ora, la sentenza non è retroattiva e riguarda solo il ricorrente, ma potrebbe aprire la porta a una valanga di richieste simili. La decisione della Cassazione apre la strada a un modello di documento d’identità più inclusivo, che riconosce pari dignità giuridica. Si tratta di una sentenza destinata a fare giurisprudenza e a incidere non solo sul piano normativo, ma anche su quello culturale, riaffermando il principio secondo cui lo Stato deve tutelare l’interesse superiore del cittadino.

Carta di identità, ditele tutti insieme addio: da oggi non avete più un nome
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Cassazione: sulle CIE non dovrà più comparire la dicitura

Con la sentenza n. 9216 del 2025, la Corte di Cassazione italiana ha stabilito un principio fondamentale in tema di diritti delle famiglie omogenitoriali, sancendo che sulle carte d’identità elettroniche (CIE) dei minori dovrà essere utilizzata la dicitura neutra “genitore”, in luogo delle tradizionali etichette “padre” e “madre”. Una decisione che segna un importante passo in avanti verso l’inclusione e il riconoscimento giuridico delle diverse realtà familiari esistenti nel nostro Paese. La vicenda ha origine da un ricorso presentato dal Ministero dell’Interno contro una precedente sentenza della Corte d’Appello, che aveva disapplicato un decreto ministeriale del 2019. Tale decreto aveva reintrodotto l’obbligo di indicare “padre” e “madre” sulle CIE dei minori, in sostituzione della più neutra dizione “genitore”, introdotta nel 2015.

Al centro del caso vi è una famiglia composta da due madri: una madre biologica e una madre adottiva, riconosciuta legalmente attraverso una procedura di stepchild adoption. Nella carta d’identità del minore, tuttavia, compariva una delle due madri come “madre” e l’altra, erroneamente, come “padre” – una scelta non solo tecnicamente scorretta, ma profondamente lesiva della dignità personale e familiare. Con una motivazione chiara e articolata, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del Ministero, confermando la decisione della Corte d’Appello e sancendo l’illegittimità del nome “padre/madre” in quanto: non rappresenta tutte le realtà familiari esistenti, come quelle formate da genitori dello stesso sesso, o da genitori single; risulta discriminatoria, in quanto crea una gerarchia tra modelli familiari diversi, violando l’articolo 3 della Costituzione che sancisce il principio di uguaglianza tra tutti i cittadini; compromette la veridicità e l’utilità pratica del documento, che deve rispecchiare fedelmente lo stato civile del minore, anche per esigenze concrete come l’espatrio o l’identificazione in ambito scolastico e sanitario.